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di Eleonora Natoli

«Il Signore e maestro nostro Gesù Cristo, dicendo: "Fate penitenza", volle che tutta la vita dei fedeli fosse una penitenza», così recita la prima delle 95 Tesi di Lutero. Cosa vuol dire questa dichiarazione del Riformatore? Vuol dire che la consapevolezza della condizione di peccatore del credente deve durare tutta la vita e non essere limitata a momenti di particolare introspezione. Se dimentichiamo il nostro stato naturale di limite/peccato, possiamo essere portati a pensare che affidarsi a una giustizia propria, ottenuta grazie alle nostre opere, sia sufficiente alla salvezza. Il perdono di Cristo, a questo punto, diventa superfluo e Cristo e la sua misericordia diventano anch’essi non più necessari. Dunque Lutero sostiene che la vera penitenza (intesa come percezione costante del bisogno della giustizia di Cristo per sopperire alla nostra impossibilità di comparire al cospetto di Dio adorni delle nostre virtù e meriti), debba durare tutta la vita tenendoci saldamente legati a Cristo. La Chiesa scaturita dalla Riforma è appunto una Chiesa che prende atto della necessità del ravvedimento, della conversione e del perdono che solo Dio, in Gesù, può donare. E’, insomma, una Chiesa penitente che, con un atto di umiliazione, riscopre unicamente in Dio la sua origine, il suo centro e la sua fine.

Questa è l’esperienza che dà sostanza ad ogni giorno della vita del credente. Ogni giorno, abbiamo detto, impegnati nel ravvedimento e nella conversione, e, dunque, non solo e/o non soprattutto, nei quaranta giorni che precedono la Pasqua di Resurrezione.

L’anno liturgico, in ogni caso, anche nelle Chiese della Riforma mantiene la sua rilevanza non tanto, però, di tipo sacramentale, come avviene per la Chiesa cattolico-romana, quanto per segnalare un ordine tematico nella differenziazione dell’ordine liturgico. Venuto meno il senso di un appello al ravvedimento, al pentimento circoscritto ad un solo periodo dell’anno specificatamente dedicato ad esso (la Quaresima), pur tuttavia il tempo segnato dalle cinque domeniche che precedono la Domenica delle Palme è detto Tempo della Passione per rinnovare la memoria dei passaggi che hanno segnato il periodo finale della vita di Gesù . In queste domeniche si ha solitamente cura di scegliere, per la meditazione, dei passi biblici attinenti alla narrazione della Passione di Cristo. La Domenica delle Palme viene ricordato l’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme. Anche la celebrazione del Triduo viene mantenuta. Il giovedì e il venerdì santo ci si riunisce in chiesa per raccogliersi in preghiera intorno agli eventi finali del ministero terreno di Gesù. Generalmente nel culto del giovedì o del venerdì si celebra la Santa Cena, cui siamo ancora invitati a partecipare nel culto di Domenica di Pasqua. La Pasqua di Resurrezione, origine luminosa di ogni nostra speranza di credenti, è naturalmente il tema della predicazione che affronta il significato, nel nostro oggi, di Gesù che accoglie la morte per donare a noi la vita.

14 febbraio 2016