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a cura di Claudio Pasquet

il pastore Chistopher Ferguson

Christopher Ferguson è di cittadinanza canadese e appartiene alla United Church of Canada, la più grossa denominazione protestante del paese. Ha compiuto i suoi studi teologici a Vancouver e Montreal. Consacrato pastore nel 1978, ha ricoperto diversi incarichi, dapprima come pastore nel Quebec, poi come cappellano universitario. Dal 1987 al 1991 ha insegnato teologia in Costa Rica. Al ritorno in patria è stato segretario del dipartimento per l'America latina e i Caraibi, poi segretario generale della sua chiesa. I suoi ultimi incarichi lo hanno portato a lavorare a Gerusalemme per il Consiglio ecumenico, organizzazione che ha poi rappresentato presso l'ONU a New York, prima di essere nominato Segretario generale della Comunione mondiale delle Chiese riformate (WCRC) da circa un anno. Ha voluto essere presente ai lavori del nostro sinodo e gli abbiamo posto alcune domande sul suo lavoro e sulla Comunione di chiese cui apparteniamo.

Pastore Ferguson, le chiediamo innanzitutto alcuni dati sulla composizione della WCRC.
La situazione è in continua evoluzione: possiamo dire che fanno parte della WCRC più di 230 chiese in 110 paesi del mondo, in rappresentanza di 80 milioni di membri di chiesa.

Quali le sembrano essere le principali sfide che la WCRC deve affrontare nel mondo?
Il tema della ingiustizia: vi è un terribile aumento della povertà e delle disparità sociali. In molte parti di questo mondo troppe persone vedono la loro stessa esistenza minacciata da queste realtà. Dobbiamo tornare a rifarci alla confessione di Accra che impegnava le nostre chiese a lottare contro l'ingiustizia economica ed ecologica. La globalizzazione ha prodotto frantumazione e divisione nelle comunità umane. Nell'ultima assemblea generale abbiamo deciso di creare una comunione di chiese dove l'esistenza di ognuno sia una cosa che preoccupa davvero tutti gli altri e le altre; dobbiamo scommettere sulla creazione di comunità in un mondo sempre più diviso. Anche questo non è facile perché ci sono parecchi temi che dividono le stesse chiese al loro interno e fra di loro: i temi della sessualità, il rapporto con Israele e la Palestina; nella WCRC abbiamo ancora chiese che non consacrano donne al pastorato. Su questi temi dobbiamo assolutamente proseguire il dialogo, anche quando è difficile.

Lei proviene dal continente americano, come giudica la situazione delle nostre chiese in Europa? La crescente secolarizzazione non la colpisce in modo negativo?
La situazione in Canada non è molto diversa, l'età media di chi frequenta la chiesa è di circa sessant’anni! Resto comunque colpito dal numero di persone che vedo ancora andare in chiesa anche in Germania dove oggi abito. Ma credo che dovremmo però preoccuparci di evangelizzare la società, senza stare sempre a contare quanti vanno al culto domenicale. Posso dire che sono più preoccupato dalla crescita della xenofobia che dalle statistiche ecclesiastiche.

Lei sostituisce alla segreteria il past. Setri Nyomi, che proveniva dal Ghana e che ha guidato il passaggio dalla Alleanza riformata mondiale alla Comunione mondiale delle Chiese riformate. A cinque anni da questo cambiamento quali sono i suoi effetti positivi? E quali sono i problemi?
Creando la WCRC abbiamo invertito una tendenza: i riformati nella storia si sono spesso frantumati e divisi fra loro. Con la Comunione abbiamo dato un segno profetico di unità possibile all'interno di una denominazione cristiana importante.
Occupandoci di questo abbiamo però un po' tralasciato il tema della giustizia, centrale nella Confessione di Accra. Altro problema non indifferente è di ordine pratico: negli ultimi cinque anni la crisi mondiale ci ha posto non pochi problemi economici.

Le chiese sorte in Africa, Asia e Sudamerica, spesso molto più povere delle nostre, sembrano essere più vitali. Crede che ci sia un nesso diretto tra povertà e fede?
Sì, ma non nel senso che devi essere povero per credere. Penso piuttosto che chi vive nella povertà, può scoprire ogni giorno i doni della grazia di Dio nella precarietà della vita. Noi che viviamo in paesi ricchi pensiamo invece di esser al sicuro contando su noi stessi e sulle nostre certezze economiche.

Da alcuni anni, per motivi economici, abbiamo spostato gli uffici della WCRC ad Hannover. Non crede che spostandoci da Ginevra si sia corso il rischio di perdere i contatti con gli uffici del Consiglio ecumenico e della famiglia luterana che hanno i loro uffici in questa città?
Questa è una grande sfida, abbiamo spiegato ai nostri partner ecumenici che la ragione del nostro spostamento era economica, non un voler prendere le distanze. Anzi, in questo modo abbiamo più risorse per poter lavorare in maggiore contatto con loro anche se non nello stesso luogo geografico.

Mi permetta un'ultima domanda: come lei sa, la nostra è una chiesa molto piccola, eppure ha voluto essere presente ai lavori del nostro Sinodo. Perché?
Non è mai giusto fare troppi complimenti a una chiesa, ma sono qui perché conosciamo la vostra storia e le sofferenze che avete affrontato per la libertà di predicare. Inoltre conosciamo il vostro impegno di solidarietà con chi soffre l'ingiustizia, penso in particolare al vostro attuale impegno verso i migranti che può ispirare tutti noi. Credo che voi possiate ricevere dalla WCRC, ma molto potete darci sul piano dell'impegno e della visione futura.

24 agosto 2015