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di Gianluca Fiusco

Quante volte abbiamo sentito riecheggiare le parole attribuite a Charles Beckwith “o sarete missionari, o non sarete nulla”? Nei sinodi, nelle nostre assemblee democratiche, anche nei capannelli che si formano dopo il culto (speciali e unici spazi in cui il confronto si trasforma in passione per il Vangelo e amore per questa nostra piccola Chiesa).
La parola missionari ci annuncia una dimensione dinamica in cui non è possibile fermarsi in muta contemplazione o in isolamento.
E missione è il tema di uno dei passaggi cruciali della relazione del Presidente della Corte d'Appello di Caltanissetta, Salvatore Cardinale, sull'amministrazione della giustizia nel periodo 2012/2013.

Presentata lo scorso 25 gennaio nel corso dell'Assemblea generale della Corte d'Appello del tribunale nisseno, la relazione fa una disamina puntuale, e certamente informata, della realtà territoriale in cui, come Chiesa, siamo presenti sia come comunità che come diaconia.
Queste le parole del Presidente Cardinale: «La stessa scelta antimafia è stata fatta dai pastori della Chiesa valdese che, trasformatisi in “missionari” della legalità, da un triennio spingono i giovani, in realtà fortemente impregnate di mafia come il paese di Riesi (CL), a scrollarsi di dosso il duro fardello che condiziona persone e economia e ad avviarsi verso un futuro fatto di regole certe e di leggi valide per tutti. E’ un ulteriore segnale forte a sostegno della legalità, “bene fragile ma prezioso, senza del quale la nostra Isola non diventerà mai terra di libertà”».

Il Tribunale di Caltanissetta è certamente tra le punte più esposte di contrasto all'azione criminale e mafiosa che ha segnato e che continua a segnare la Sicilia.
Da tre anni, infatti, i rapporti tra Tribunale e Servizio Cristiano si sono intensificati soprattutto per ciò che riguarda l'impegno e la tutela nei confronti dei minori vittime di violenza oppure affidati alla giustizia per fatti criminosi.
Ma è indubbio che la visibilità dell'impegno che come comunità locali della Chiesa valdese proviamo di svolgere, ha oggi aumentato la percezione delle Istituzioni, anche in presenza di alcune generalizzazioni o semplificazioni, di quanto più ampio e variegato sia il fronte di legalità eretto a contrasto di ogni azione criminale.

La creatività che, in questi anni, la Chiesa valdese ha saputo esprimere nel territorio siciliano, anche su impulso del sinodo, è un dato di fatto che, associato ad altri, evidenzia quanto la nostra azione di testimonianza sia cresciuta e si sia consolidata caratterizzandosi quale “missionaria”. Certo molto rimane ancora da fare. Moltissimo.

È vero, questo impegno ha comportato e comporta fatiche e asperità sia nel dialogo interno alle nostre comunità, sia nella capacità di esporci nei territori a contrasto di ogni comportamento mafioso, anche di quei comportamenti inconsapevolmente legati al vivere quotidiano e che parlano talvolta con la cripticità del linguaggio omertoso del non detto che sottintende tutto. La prossimità delle nostre vite con le “vite degli altri”, di quei poteri forti che vorrebbero sempre ridurre al silenzio ed alla violenza i rapporti sociali, ci ha talvolta esposti a conseguenze difficili, altre volte ha visto il nostro arretramento.

Siamo perciò consapevoli dei segnali, anche inquietanti, che sono seguiti a questo impegno. Un impegno espresso dalle giornate della legalità promosse sia dal IV distretto che dal XVI circuito; il ricordo del pastore Panascia a Palermo ed il lavoro sociale de “La Noce”; l'azione delle nostre comunità locali, spazi aperti per incontrare la società nella comune condivisione della necessità di legalità e giustizia; l'impegno concreto nell'aiuto delle giovani donne aggredite e isolate, dei minori abbandonati ad una vita di abusi e di miseria, nel campo dell'istruzione così come operato in questi anni dal Servizio Cristiano; la generosa caparbietà dell'Opera diaconale metodista di Scicli e dell'OPCEMI tutta nel territorio siciliano.

Del resto la relazione del Presidente Cardinale articola il suo ragionamento evidenziando che, pure dinanzi a questi impegni missionari, non è oggi possibile affermare che i problemi siano stati risolti. Anzi. L'allarme che si può cogliere nell'illustrazione dei fenomeni criminali del territorio nisseno e riesino in particolare evidenzia semmai che se questi avamposti missionari dovessero ritirarsi, cedere, venire meno, non si tratterebbe soltanto di un impoverimento complessivo, ma di un arretramento fatale.

Siamo chiamati a responsabilità quindi, e lo avvertiamo ogni giorno con sempre crescente consapevolezza, che è insieme religiosa e civile. Sbaglierebbe chi ritenesse che la Chiesa debba solo occuparsi di Bibbia, dimenticando che la Bibbia è innanzitutto il racconto dell'amore di Dio nei confronti dell'umanità. Umanità sempre inserita nella sua dimensione terrena, che si relaziona con Dio a partire dalla fragilità della sua esistenza, fuori da ogni contemplazione.

La Chiesa valdese, nella sua azione di testimonianza evangelica e di azione diaconale concreta, può perciò leggere le parole che arrivano da Caltanissetta come una rinnovata chiamata alla responsabilità missionaria che pure l'Evangelo esige dai suo testimoni.
Non si tratta quindi né solamente di un invito rivolto alle comunità del nisseno, al Servizio Cristiano, alle comuntà e opere siciliane, ma un invito che ci riguarda tutte e tutti come credenti nel Cristo risorto.

3 febbraio 2014