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di Alessandro Esposito

A partire dal tardo pomeriggio di venerdì 26 sino al primo pomeriggio di domenica 28 maggio, si è tenuto, nella città di Figueira da Foz (250 chilometri a nord di Lisbona), il settantasettesimo Sinodo della Chiesa evangelica presbiteriana del Portogallo (IEPP). Le sessioni sinodali si sono svolte i primi due giorni presso il centro sociale della chiesa locale, per concludersi nel tempio della vicina comunità rurale di Bebedouro con la celebrazione del culto di Pentecoste.

Quella della IEPP è una realtà di minoranza sul territorio portoghese: conta attualmente tredici comunità e nove ministre e ministri di culto in servizio (cinque soltanto dei quali a tempo completo). La situazione che questa chiesa sorella si trova ad affrontare è, per alcuni versi, simile a quella della nostra realtà ecclesiale in Italia, per quanto, certamente, di maggiore sofferenza, visti i numeri molto piccoli (meno di duemila membri di chiesa iscritti) ed in ulteriore, costante decrescita, nonché l’età anagrafica dei membri di chiesa, mediamente piuttosto alta.

Per queste ragioni il Sinodo, prendendo spunto dalle parole rivolte da Dio al profeta Elia nel primo libro dei Re («Alzati e mangia: hai ancora un lungo cammino da percorrere», I Re 19:7), ha deciso di incentrare i propri lavori e le relative discussioni sul tema della necessità di un rinnovamento che appare, oggi più che mai, urgente ed ineludibile. Esso è chiamato ad abbracciare diverse dimensioni della vita comunitaria, che sono state approfondite mediante un lavoro in gruppi, che ha trattato gli aspetti della predicazione, della liturgia e, non ultimo, dell’impegno diaconale.

Il confronto ha messo in evidenza come il modello tradizionale a lungo prevalso in seno all’organizzazione istituzionale e locale denunci ormai da tempo i propri limiti e la propria difficoltà nell’accogliere le istanze di un contesto in costante e profonda trasformazione: questo costringe la chiesa a trovare nuove modalità espressive che possano rivelarsi capaci di parlare a una realtà circostante che, nell’insieme, è ancora attraversata dalla domanda sul senso ma rifugge le realtà istituzionali, nell’ambito sociale come in quello religioso e spirituale. Ricreare spazi comunitari, in seno ai quali mettere mano insieme ad un modello ecclesiale capace di intercettare ed interpretare questo tempo complesso, è la sfida che la IEPP ha inteso raccogliere.

Di qui la decisione di assegnare un tempo pastorale completo al lavoro con le giovani generazioni, in modo tale da tornare a renderle protagoniste di una realtà ecclesiale in cui, al momento, la loro presenza è minima e marginale.

Altro nodo cruciale, come sempre accade in situazioni di crisi e di decrescita, è quello delle finanze: il sistema fondato sulla libera erogazione da parte dei membri di chiesa non è più atto a garantire la copertura del campo di lavoro, motivo che ha portato la IEPP a dipendere in maniera sempre più rilevante da finanziamenti provenienti dall’estero. Si tratta, con ogni evidenza, di un modello fragile, che desta più di una preoccupazione in merito alla sua sostenibilità a medio e lungo termine.

Importante, a livello territoriale, è la collaborazione sempre più stretta con la Chiesa evangelica metodista del Portogallo, che si spera di intensificare maggiormente: a tale proposito sono stati richiamati sia i cinquant’anni della Concordia di Leuenberg (che ha sancito la piena comunione ecclesiale tra le chiese protestanti che l’hanno sottoscritta), nonché il Patto di Integrazione che, nel 1975, è stato siglato tra la Chiesa valdese e quella metodista in Italia.

Nell’insieme, dunque, si è trattato di un Sinodo che ha inteso prendere le mosse dalla situazione di difficoltà in cui versa la chiesa locale, con l’intenzione di farvi fronte attraverso l’implementazione di strategie nuove, alla luce di un Evangelo che, nella testimonianza, ci invita sempre ad annunciarlo in maniera rinnovata e trasformatrice.