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grattacieli a New York

La vitalità delle chiese negli Stati Uniti non può che colpire il visitatore europeo, abituato a una certa rassegnazione per lo svuotamento dei grandi edifici che hanno reso “cristiano” per secoli il nostro continente. E non è solo una questione di contesto. E’ vero, la società americana ci appare molto religiosa mentre la nostra è sempre più secolarizzata; la società americana è pluralista, multietnica, multiculturale, la nostra non lo è stata o lo ha impedito: in qualche modo, sia pure come vittime, siamo tutti figli del famoso “cuius regio eius religio” per il quale, nella storia europea, la religione del principe ha coinciso  con quella dei suoi sudditi. E ancora oggi il vecchio continente fatica a riconoscere i cambiamenti, pure evidenti, intervenuti in società sempre più multiculturali e multi religiose. E così, se la società americana non privilegia le più grandi e antiche istituzioni religiose rispetto a quelle più piccole e recenti, in Europa ancora facciamo i conti con istituzioni religiose di serie A e altre di serie B (o C o D). Il risultato di questa diversa storia culturale e giuridica è che in America la religiosità appare assai più viva che nella vecchia Europa.

Riverside Church New York

A New York visito la grande e bellissima chiesa di Riverside voluta dal molto pio magnate John D. Rockefeller Jr. (1874-1960) negli anni 30 del Novecento, allora al confine tra la “bassa” Manhattan, bianca e benestante, e quella afroamericana di Harlem nel nord. Chiesa di missione, che mantiene oggi la sua identità “di confine” accogliendo una vasta comunità molto progressista e benestante, e apertissima alle unioni omosessuali e a programmi sociali per i più indigenti, dal 1989 guidata da un pastore nero. Chiesa “bidenominazionale” perché aderisce contemporaneamente – per le diverse appartenenze denominazionali dei coniugi Rockfeller – sia all’American Baptist Churches USA (da non confondere con l’assai più grande e conservatrice Southern Baptist Convention) che alla United Church of Christ (UCC), probabilmente la chiesa protestante storica più liberal del panorama religioso statunitense. Anche la Riverside, come altre chiese di analoga dimensione, è quasi un’impresa per le sue molteplici attività e il suo bilancio economico. Entrando si è accolti da eleganti “receptionists” seduti dietro banconi dotati di telefoni, pulsanti e videocamere che vigilano l’ingresso e ti indicano la direzione per la visita o per gli uffici dove richiedere assistenza.

La stessa sensazione di solidità la ricevo entrando, nella periferia di Chicago, nella “mitica” Trinity Church, aderente alla UCC, in cui Barack Obama lavorò come volontario e operatore sociale; fu ascoltando i sermoni appassionati e profetici del pastore afroamericano Jeremiah Wright che quel giovane brillante ma religiosamente confuso si convertì alla fede cristiana, sino a diventare membro attivo della comunità. Anche qui trovo il banco della receptionist che controlla severamente chi non conosce e fornisce il badge di riconoscimento ai visitatori. Solo col badge ben esposto si può entrare nella grande e moderna sala di culto o salire negli uffici. Otis Moss III, titolare della chiesa Trinity di ChicagoLa giovane pastora che ci accompagna fa parte di quell’élite dell’orgoglio afroamericano che ha reso forte e dato dignità ai neri d’America. Qui è tutto orientato in quel senso: le vetrate colorate in cui viene rappresentato il lungo e doloroso cammino dalla schiavitù alla libertà alla conquista dei diritti civili, i programmi educativi per i neri, le azioni di pacificazione sociale. In un’aula degli uffici sbirciamo una riunione in cui alcuni rappresentanti di gang nere rivali stanno trattando, con la mediazione della comunità, un “cessate il fuoco”. E’ l’America! E come ai tempi di Martin Luther King, grande è l’autorevolezza morale delle chiese afroamericane. Incontriamo il giovane pastore titolare nero della Chiesa, Otis Moss III – appartenente a una dinastia di predicatori – considerato uno dei migliori predicatori d’America, successore del famoso Wright che con la sua feroce critica al “potere bianco” del Governo nel 2008 costrinse Obama, allora candidato alla presidenza USA, a interrompere un lungo sodalizio. Aria cordiale ma determinata, come la sua collega pastora che incontro subito dopo (in questa chiesa sono in servizio quasi una decina di pastori e pastore), perché sanno, e vogliono comunicare a tutti, che la battaglia dei neri d’America per il loro reale riconoscimento non è ancora terminata nonostante un afroamericano abbia conquistato la Casa Bianca.

Chiesa valdese-presbiteriana a Valdese (NC)

Completamente diversa, e più vicino alla nostra “normalità”, la Chiesa Riformata di Schenectady (nel nord dello stato di New York) in cui tengo anche il sermone. Mi sento a casa: culto di 62 minuti, alcuni inni con la nostra stessa musica, discorsino del pastore all’inizio rivolto agli otto bambini della scuola domenicale, saluto mio e del pastore all’uscita dal culto. La differenza rispetto all’Italia è che, su circa 500 membri di chiesa, al culto ce ne sono oltre 200. E la media è sempre quella, mi confermano. E ci sono anche molte giovani famiglie e adolescenti. Una comunità di cultura teologico-politica moderatamente aperta, bianca (noto solo 2-3 famiglie nere), tranquilla nel suo tran tran di una sonnacchiosa cittadina a due passi dalla capitale dello Stato, Albany. Ma penso con invidia alle 200 persone al culto.

E ancora più “normale” mi sembra la situazione a Valdese, cittadina di 5 mila abitanti del Nord Carolina fondata dagli emigrati valdesi nel 1893. Mi sembra una Torre Pellice all’americana: insieme all’urbanistica tipicamente country trovo il carattere solidamente rurale di questi figli dell’emigrazione, che restano legati alla loro tradizione (bellissimo il museo valdese!). Il sindaco di Valdese consegna la chiave della cittadina al moderatoreMa sono americani in tutto e per tutto, anche nell’accento che danno ai cognomi tipici della Valli, e americani tendenzialmente conservatori, come la maggior parte degli abitanti di questo Stato in cui inizia quel grande Sud che si convinse a porre termine alla schiavitù dei neri solo dopo aver perso la sanguinosa Guerra Civile. Ma anche qui, a Valdese, la religione non è solo un fatto di tradizione ma di fede vissuta, come dimostrano anche le chiese di varie denominazioni presenti in un territorio così piccolo.

Alla fine del viaggio, rapido e molto intenso, restano molti appunti e tante impressioni da rielaborare e sulle quali riflettere. Ma un’idea resta ben scolpita: il protestantesimo storico americano sta reagendo alla crisi determinata dalla secolarizzazione, da una parte, e dalle critiche e dalla competizione delle chiese evangelical, dall’altra; affronta questa nuova situazione sapendo che esso è destinato a pesare di meno nella società americana ma anche nella consapevolezza che la testimonianza cristiana impone di correre dei rischi, richiede coraggio, invita a una predicazione coerente e creativa. E che questa transizione si può vivere intrecciando un intenso impegno sociale a una profonda e rinnovata spiritualità riformata.

Eugenio Bernardini

30 maggio 2014