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a cura di Luca Pilone

Sabato 23 agosto si svolge a Torre Pellice (TO) il presinodo della Federazione giovanile envangelica in Italia (FGEI). L'iniziativa, giunta alla sua nona edizione, vede la partecipazione di Radio Beckwith e del Coordinamento attività scoutistiche del primo distretto (CASD). A partire dalle ore 14.30 i locali della Casa unionista ospiteranno momenti di dibattito, riflessione e attività dedicate al tema "Il nuovo, l'occulto, l'ignoto. Imparare a conoscere e condividere nella mediazione". Ne parliamo con Stefano Bertuzzi e Aline Pons, rispettivamente segretario e consigliera della FGEI.

locandina presinodo fgei

Il tema della mediazione e dell'incontro con l'altro sarà al centro del presinodo di quest'anno. Che significato hanno queste parole all'interno della riflessione portata avanti dalla FGEI?
Stefano Bertuzzi: Secondo me, ad avere condotto il gruppo organizzatore del Presinodo verso la scelta del tema “Il nuovo, l’occulto, l’ignoto” non è stata una semplice riflessione - che naturalmente c’è e si fa ogni giorno più approfondita su questi argomenti - quanto invece ciò che stanno pienamente iniziando a vivere la Federazione e tutto il mondo giovanile delle nostre chiese. Certamente il contatto con altre culture e altri modi di vivere la fede è qualcosa di "nuovo" per molti e molte giovani, tanto da poter apparire quasi "occulto", molto spesso largamente "ignoto". Ma quasi sempre, in questo tipo incontro, le medesime emozioni sono vissute anche dalle altre parti in gioco. Ed ecco che nasce spontanea la necessità della "mediazione". Il tutto per conoscersi meglio, lavorare sempre più a stretto contatto, scoprire i doni dell’altro e dell’altra e mostrare i propri mettendoli in condivisione, ma tenendo naturalmente al centro la comune fede che ci lega. In tale percorso, per esempio, l’Happening giovanile di giugno è stato una tappa importante, ma il cammino è certamente ancora lungo e, ci auguriamo, ricco di momenti belli, di crescita e di forte comunione.

Aline Pons: La FGEI nasce come luogo d’incontro fra giovani di diverse denominazioni e di diversa provenienza: nella realtà di oggi questa vocazione resta salda, ma deve andare incontro a nuovi modi di vivere la fede e a origini plurali. Credo che ciascuno di noi ritenga l’incontro con l’altro essenziale per la definizione di sé: la sfida che la Federazione sta affrontando in questo periodo è quella di andare oltre l’incontro e la conoscenza, che di per sé non pongono enormi problemi, per arrivare a vivere e testimoniare insieme la nostra comune fede in Gesù Cristo. Questo passaggio ci chiama a riconsiderare aspetti liturgici, ecclesiologici ma anche teologici che per anni abbiamo dato per assodati, per riscoprire insieme gli elementi essenziali della nostra fede, liberandoci dalle tradizioni che non si riveleranno fondanti nelle nostre (mutevoli) identità di cristiani e cristiane. In questo contesto, fornirsi degli strumenti necessari per una mediazione rispettosa dei diversi bagagli culturali è urgente e imprescindibile, Aline Ponsse crediamo in una chiesa (e in una società) aperta e accogliente.

Il Sinodo di quest'anno affronterà l'importante tema dell'"Essere chiesa insieme". Qual è secondo voi il contributo che la FGEI potrebbe portare al dibattito sinodale?
Stefano Bertuzzi: Credo che la FGEI possa portare un grosso contributo proprio in virtù di quanto finora descritto: da alcuni anni la Federazione sta declinando il progetto “Essere chiesa insieme” in un “Essere giovani insieme” che da un lato va al di là del solo incontro tra differenti culture e provenienze - ragionando, per esempio, sul rapporto tra le generazioni “analogiche” e quelle “digitali” - dall’altro lato vorrebbe uscire dall’ambito comunitario ed essere esempio per tutta la società. Ovviamente il legame di fede che ci unisce può rendere più semplice l’avvicinamento reciproco e lo sviluppo di una visione comune, tuttavia, se noi saremo capaci di creare un modello nel quale stare e crescere insieme è possibile, ciò sarà una ricchezza anche per le realtà esterne alle chiese. Non nascondo che il percorso fin qui fatto è stato a volte accidentato, rallentato, difficoltoso, e nemmeno che ci troviamo di fronte ad un sentiero la cui meta forse non è vicina - anche perché cambia giorno dopo giorno. Tuttavia stiamo anche migliorando e aumentando gli strumenti con cui affrontare questa sfida… e ci auguriamo di portare un po’ di tale esperienza anche alla chiesa tutta!

Aline Pons: Credo che la federazione possa portare al Sinodo l’esperienza accumulata grazie alla partecipazione al progetto LINFA (Laboratorio interculturale di formazione e accoglienza) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), ma anche e soprattutto nella pratica di vita comune che, non senza difficoltà e contraddizioni, ha caratterizzato gli ultimi anni di vita della federazione. Io penso che la FGEI stia imparando a “Essere chiesa insieme” nella pratica delle attività condivise: dai menù ai momenti di preghiera, dai turni di servizio alla lingua in cui si tengono le assemblee, ogni episodio diventa occasione di riflessione e di mediazione. Mi sembra che l’ingresso nelle nostre chiese di fratelli e sorelle provenienti da realtà culturali diverse avvenga ancora in modo così fluido e multiforme da richiedere più una formazione all’accoglienza e alla mediazione che non un ricettario di soluzioni. Quello che credo di aver imparato nella Federazione è che Stefano Bertuzziogni caso è diverso, ma tutti si possono affrontare con l’ascolto e la testimonianza che ognuno di noi dovrebbe aver imparato nella vita comunitaria.

Che cosa rappresenta per voi avere un ruolo di responsabilità all'interno della FGEI?
Stefano Bertuzzi: Potrà sembrare una risposta banale ma la prima parola che mi viene in mente è “servizio”. Un servizio che viene reso con gioia, ricco di momenti pieni e belli; certamente anche faticoso e difficile in tante occasioni. Tuttavia, un aspetto che ritengo essenziale di questo servizio è quello del suo carattere di formazione: non nascondo che l'esperienza del lavoro per la FGEI, ed in particolare nel Consiglio, è certamente una delle più formative che io abbia mai fatto. Ora, dalla segreteria, mi piacerebbe contribuire ulteriormente affinché esperienze analoghe possano essere vissute da tanti e tante giovani che si stanno impegnando - o che si impegneranno - in vari modi e con vari ruoli nella Federazione (e non solo). Affinché, in futuro, quella  del mondo giovanile possa confermarsi come un'importante voce profetica per le nostre chiese.

Aline Pons: Prima di tutto far parte del Consiglio della FGEI è una benedizione, per la quale sono grata ai miei fratelli e alle mie sorelle, che mi hanno dato fiducia e mi accompagnano, e per la quale ringrazio il Signore. In secondo luogo, il ruolo di consigliera mi permette di restituire l’esperienza accumulata in quattro anni di servizio come animatrice giovanile per il primo Distretto, portandomi anche a conoscere meglio realtà lontane dalle Valli valdesi, acquisendo una visione delle nostre chiese meno legata alle comunità locali nelle quali sono cresciuta. Inoltre grazie al lavoro consigliare sto cominciando a mettere a fuoco la fitta rete di relazioni internazionali nella quale la federazione è inserita, che rappresentano un’importante occasione di formazione per molti e molte giovani delle nostre chiese. Forse l’aspetto più piacevole della federazione è che, grazie agli amici e alle amiche sparsi in Italia e nel mondo, ti fa sentire un po’ a casa in moltissimi luoghi!

21 agosto 2014