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  • II Timoteo 1,10

    di Fulvio Ferrario

    «Cristo ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l'immortalità mediante il vangelo»
    Lutero, che di solito predilige le espressioni più incisive e plastiche, anziché dire che Cristo «ha distrutto» la morte sceglie di tradurre, echeggiando altri passi dell'epistolario di Paolo, con «le ha tolto potere»: come se intendesse in qualche modo rispettare il dato di fatto che la morte, anche se vinta in Cristo, esiste pur sempre. Forse è una lettura troppo «moderna» della sua traduzione, ma proprio per questo essa può aiutare la nostra riflessione.

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  • I Pietro 5,7

    di Fulvio Ferrario

    «Gettate su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi»
    «Tu non devi preoccuparti di nulla. Penso a tutto io»: così un'anziana signora diceva al suo compagno di vita, già di suo molto ansioso e, per giunta, oscuramente consapevole del progredire di una malattia neurologica degenerativa. L'uomo ha accettato l'invito (né, a dire il vero, poteva far altro) e la signora è rimasta fedele al proprio impegno, pensando, effettivamente, a tutto. Potrebbe, questa storia d'amore a suo modo certamente poetica, costituire una sorta di parabola del nostro versetto?

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  • Salmo 103,2

    di Fulvio Ferrario

    «Benedici, anima mia, il Signore e non dimenticare alcuno dei suoi benefici»
    Il versetto è noto soprattutto perché utilizzato da molti come preghiera a tavola: esso ci viene oggi presentato come motivo conduttore liturgico e spirituale della 15a domenica dopo Pentecoste e della settimana che con essa si inizia. Il «tema» indicato è la gratitudine. Ma un testo biblico non è mai riducibile a un «tema», a maggior ragione se si tratta di una preghiera. L'asse del versetto è costituito dai due imperativi, Benedici e non dimenticare. Il loro rapporto è assai più profondo del semplice accostamento, a prima vista suggerito dalla congiunzione «e»: la memoria è la sorgente della gratitudine che benedice il Signore.

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  • Esodo 3,2.4.6.10

    di Giovanni Anziani

    «L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco, in mezzo a un pruno. Mosè guardò, ed ecco il pruno era tutto in fiamme, ma non si consumava. ... Allora Dio lo chiamò di mezzo al pruno e disse: “Mosè! Mosè!” Ed egli rispose: “ Eccomi ”. ... “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio d’Abraamo, il Dio d'Isacco e il Dio di Giacobbe ... Or dunque va'; io ti mando dal faraone perché tu faccia uscire dall’Egitto il mio popolo, i figli d'Israele”».
    Chi fu Mosè? È un po’ difficile ricostruire la sua biografia, ma leggendo i racconti della Bibbia il fatto determinante la sua vita fu certamente l’incontro con Dio, nel deserto.

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  • Atti degli apostoli 8,30-31

    di Giovanni Anziani

    «Filippo accorse, udì che quell’uomo leggeva il profeta Isaia, e gli disse: “Capisci quello che stai leggendo?” Quegli rispose: “E come potrei, se nessuno mi guida?” E invitò Filippo a salire e a sedersi accanto a lui
    Nella primitiva chiesa cristiana di Gerusalemme si era costituita una particolare vita comunitaria: «Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune...» (Atti 2,44). Così era diventato indispensabile organizzare la chiesa dividendo il servizio della predicazione del vangelo, affidato agli apostoli, e l’assistenza quotidiana alle vedove. Per l’assistenza vennero eletti sette diaconi. Tra questi vi era Filippo, un diacono che operava per sollevare le sofferenze altrui.

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