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di Emanuele Fiume

Il Signore Gesù Cristo dice: «Beati quelli che sono afflitti, perché saranno consolati

Chi è in Cristo, conosce il dolore due volte. La prima volta lo conosce in Cristo, nell’uomo di dolore, nel servo sofferente del Signore, nel Figlio di Dio che dà la sua vita come prezzo di riscatto per molti. Questo è il solo dolore che salva. Poi, lo conosce nel mondo e in se stesso. Nel mondo, di cui è chiamato a prendersi la responsabilità, e di se stesso, di cui è responsabile. È il dolore del mondo nel peccato e dell’essere umano nel peccato, è il dolore di chi cerca la salvezza e la redenzione. Quindi, se conosci Cristo e conosci te stesso e il mondo, conoscerai sicuramente il dolore, il grande dolore. Lutero definì la sofferenza “l’abito di nozze del cristiano”. L’abito di nozze distingue lo sposo e, ancora di più, la sposa. La sofferenza distingue il cristiano. Non vuoi soffrire? Non vuoi confrontarti con la sofferenza? Hai sbagliato indirizzo. Il peccato del mondo e il tuo peccato generano sofferenza, e la tua redenzione è stata pagata dalla sofferenza del Signore Gesù Cristo. Quindi sei cristiano? Allora sei afflitto, sei sofferente, porti un nome di sofferenza nel mondo, e della sofferenza del mondo sei compartecipe.

Beati quelli che sono afflitti, e solo quelli che sono afflitti. È un parlare duro, perché denuncia l’afflizione presente e necessaria, e a chi la porta assicura la consolazione che viene da Dio. E la consolazione di Dio non è una parolina dolce, ma un’azione che trasforma la realtà.

La condizione di afflizione è permanente nel credente in se stesso. L’apostolo Paolo, nella Lettera ai Romani, arriva a esclamare: “Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?” (Romani 7,24). Me infelice. Me afflitto. È il credente in Cristo che parla qui, non il vecchio fariseo. Non è un’afflizione da offrire a Dio, ma è la voce della nostra condizione che si manifesta per ricevere la consolazione. E gli altri? E il mondo? “Portate i pesi gli uni degli altri e così adempirete la legge di Cristo”. Il discepolo porta su di sé anche l’afflizione degli altri, del mondo. Mangia, ma condivide nella preghiera e nell’aiuto la condizione di chi non mangia. È libero, ma prega e lotta per la liberazione di chi non lo è.

A chi porta questa condizione di afflizione, cioè di conoscenza del peccato, Gesù dichiara la beatitudine. In questa condizione è nascosto ed è rivelato il regno di Dio. Perché? Perché è la condizione di Cristo, dell’uomo di dolore, del crocifisso dalle potenze di questo mondo e del risorto, vittorioso sulla sua afflizione e su tutte le afflizioni dei suoi. In Gesù, Dio stesso dona un’afflizione che si fa carico di tutte le afflizioni, fino alla morte, e attraverso questa morte dichiara la sua vittoria sulle potenze del mondo. La consapevolezza dell’afflizione ci spinge verso Gesù, che la raccoglie nella sua afflizione per donarci la vera e unica consolazione in vita e in morte. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Da Dio. È la consolazione potente del Signore.