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di Bruno Rostagno

«Gesù prese con sé i dodici, e disse loro: “Ecco, noi saliamo a Gerusalemme, e saranno compiute riguardo al Figlio dell'uomo tutte le cose scritte dai profeti”».

Forse i discepoli avrebbero preferito restare in Galilea, dove l’azione del maestro, con il suo insegnamento e le sue guarigioni, aveva molto seguito. Gesù sa che a Gerusalemme, centro della vita religiosa di Israele, non avrà lo stesso successo. Anzi, conoscerà nel modo più crudo l’opposizione dei capi religiosi e dell’autorità imperiale romana. Stiamo decisamente entrando nel clima della passione.

C’è un rifiuto umano della volontà di Dio, che si riversa anche sui suoi messaggeri e che i profeti di Israele subiscono nella loro persona e denunciano con il loro messaggio. Ribaltare gli effetti di questo rifiuto, secondo un insieme di profezie, sarà il compito di un futuro inviato di Dio, che in alcuni testi è chiamato “Figlio dell’uomo”. Ma, per raggiungere il suo obiettivo, l’inviato dovrà soffrire molto e poi morire.

Il motivo per cui Gesù va a Gerusalemme è legato a queste profezie. La sua missione coinciderà da ora in poi con la sua sofferenza e la sua morte. Per riorientare le nostre vite, per rendere di nuovo accessibile il nostro rapporto con Dio, Gesù deve donare se stesso.
È il centro del messaggio cristiano. Quando partiamo da questo centro, ci rendiamo conto che la croce non è fissazione sulla morte, ma inizio di vita, di comunione, di libertà.