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di Gesine Traversari

“Cantate al Signore un cantico nuovo, perch'egli ha operato prodigi”.

Non mi posso immaginare una vita senza la musica. Quando ascolto la musica trovo serenità e provo gioia nell’intonare dei canti. Attraverso la musica e il canto riusciamo spesso a trasmettere molto di più che con delle semplici parole. Nella Bibbia troviamo tanta musica: c’è l’arpa di Davide, che dà tranquillità al re Saul (1 Samuele 16,23); Miriam canta dopo la liberazione dall’Egitto per ringraziare Dio (Es 15,21), persino la creazione loda con la musica la gloria di Dio: le colline e la montagna cantano, e gli alberi battono le mani (Isaia 55,12).

Anche noi siamo esortati: “Cantate al Signore un cantico nuovo!”.

Ma perché questo cantico dovrebbe essere “nuovo”? Non va anche bene cantarne uno “vecchio”, uno di quelli tradizionali? Se leggessimo il versetto così, sarebbe frainteso. Il “cantico nuovo” non è necessariamente un cantico moderno. Il “cantico nuovo” è il cantico che mi fa nuovo. È quel cantico che sempre di nuovo viene intonato come risposta alle grandi opere che il Signore ha fatto per noi. Il salmista le cita: la salvezza, la giustizia, la rettitudine, la bontà e la fedeltà, che si vedono fino alle estremità della terra.

Il cantico nuovo viene suscitato in noi da Dio stesso. Cantare un cantico nuovo è la risposta che io posso dare davanti alla gloria di Dio. Ed è anche l’unica possibile: lodare il mio Signore per tutto quello che fa! Cantare della gioia che provo perché fa di me una nuova creatura. Allora: “Cantate al Signore un cantico nuovo, perch' egli ha operato prodigi.”