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di Daniela Di Carlo

"Quel che abbiamo visto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché voi pure siate in comunione con noi; e la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo".


Ragionare fuori dagli schemi è pericoloso. Pensiamo a Jacopo Lombardini che è stato un educatore e predicatore metodista prima e valdese poi. Membro della Resistenza durante la Seconda guerra mondiale, fu arrestato e deportato nei campi di concentramento nazisti, dove trovò la morte. Durante il regime fascista gli fu impedito di svolgere la professione di insegnante a causa delle sue posizioni politiche: antifascista convinto, venne picchiato, deriso, allontanato da ogni regolare posto di lavoro, perché lui aveva udito, visto, toccato la parola di Dio in Cristo e ne era diventato testimone.

La prima Lettera di Giovanni parla di persone come Jacopo Lombardini e della valenza di essere testimoni di qualcosa di grande che ha attraversato le loro vite tanto da rendere queste persone incapaci di tacere. Descrive coloro che hanno udito, visto con gli occhi, toccato con mano la vera vita in Cristo e questo incontro non può che trasformarsi in una vita dedicata alla testimonianza.

Se ci soffermiamo sui verbi che l'autore della Lettera di Giovanni usa ci rendiamo conto che parla di Gesù come di qualcuno che ha sentito, visto, osservato e toccato. Per dissipare qualsiasi idea che l'apparizione di Gesù sia stata immaginata o parziale, l'autore parla dei segni incisi sul suo corpo quando personalmente ha incontrato Gesù. Nel mezzo del conflitto la comunità cristiana, alla quale era dedicata la lettera, cercava di capire ciò che era essenziale per la propria identità e la dottrina dell'incarnazione di Gesù non poteva essere messa da parte, perché è il fondamento su cui poggia ogni altra dottrina. Gesù come Messia è il concetto centrale del cristianesimo.

Se avete udito, visto, toccato la parola di Dio in Cristo non potete non diventarne testimoni. Che Dio ci permetta allora di raccontare, a chi incrocia la sua vita con la nostra, che il suo amore diventa grazia per noi e accoglienza delle nostre fragilità.