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di Daniela Di Carlo

"Ricercate l'amore e desiderate ardentemente i doni spirituali, principalmente il dono di profezia".

Quando penso alle profetesse e ai profeti mi vengono in mente persone fuori dal comune e con dei doni speciali. Ma è giusto che sia così? Solo le e gli esseri speciali possono profetare? No. Non è quello che dice Paolo nel nostro testo. Paolo fonda la chiesa a Corinto e vi trascorre almeno un anno e mezzo. In questo tempo ha visto alternarsi momenti di armonia a quelli colmi di tensione dovuti in particolare all’influenza dell’intreccio di culture che coabitavano dentro e fuori quella chiesa domestica: divisioni, immaturità, cause civili, confusione, stili di vita che ammiccavano all’idolatria, cattiva amministrazione della Cena del Signore e persino incredulità sulla risurrezione di Gesù. 

Nell’Antico Testamento un profeta è sempre il portavoce di Dio: Isaia, Geremia, Debora e altri ancora, parlano per far conoscere la volontà del Signore. Nel Nuovo Testamento invece il dono della profezia viene svolto da Gesù Cristo e dallo Spirito Santo che accompagna la vita di ogni credente.

A profetizzare è allora quello Spirito che dimora in noi e che ci aiuta a rivelare chi è Gesù Cristo a coloro che incontriamo. La profezia inoltre non parla del futuro ma per lo più del presente, di quello che il miracolo della fede può realizzare oggi, in questo momento. Chi profetizza costruisce ponti e legami dentro e fuori le chiese e per Paolo tutte e tutti possono profetare perché tutte e tutti possono essere profetesse e profeti se sanno ascoltare la voce dello Spirito. Non serve allora essere eccezionali, basta essere capaci di ascoltare la Parola che ci fonda.

Che il Signore ci permetta di essere profeti e profetesse capaci di parlare al nostro mondo e di edificare la nostra chiesa in Gesù Cristo. Solo allora conosceremo a fondo quell’amore annunciato da Paolo che infiamma le nostre esistenze colorandole.