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di Jonathan Terino

"Benedici, anima mia, il Signore e non dimenticare nessuno dei suoi benefici"


Come benedire Dio? Non è forse il maggiore che benedice il minore? Non è forse la forza benedicente di Dio che nel susseguirsi delle generazioni fa nascere le sue creature, ciascuna unica, facendole crescere e maturare, arricchendo gli umani e non solo nel loro variegato sviluppo ed offrendo, da ogni possibile fonte, nutrimento corporale e spirituale, senza il quale non vi sarebbe alcuna storia reale, personale? 

“Benedire” è l’atteggiamento di Dio, nel suo modo unico di porsi nella relazione con il creato. Eppure, Dio, origine della benedizione verso il creato e l’essere umano, ne è di volta in volta il destinatario. C’è un nesso tra benedizione e adorazione. Anche se adorare Dio soltanto potrebbe venire in certi casi spontaneo, questo Salmo presuppone che potrebbero essere necessari degli stimoli e che a volte dobbiamo parlare da soli, sì, con noi stessi. Quindi esorto la mia anima, cioè l’intera mia persona, a benedire il Signore.

Che cosa dico al mio cuore, di fronte al quale non riesco a fingere emozioni spirituali? Ricordo alla mia anima di non dimenticare le ragioni dell’adorazione. Riporto alla memoria il modo in cui Dio ha agito ed agisce non solo nei miei confronti, ma del suo popolo e della creazione tutta lungo tutto l’arco della storia della salvezza e della mia breve esistenza. Il Salmo mi indica le due azioni costanti di Dio, di perdonare e di guarire, che scaturiscono dal suo tenace amore leale e viscerale.

Il Salmista inspira ed espira la lode mentre interpella la sua anima, spingendola all’estremo delle sue capacità di riconoscere Dio e i suoi benefici nelle orme della storia e del creato, anche se nella memoria presenza e attività di Dio si scontrano con le domande dell’esperienza.