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di Gabriele Bertin

"Allarga il luogo della tua tenda, si spieghino i teli della tua abitazione, senza risparmio; allunga i tuoi cordami, rafforza i tuoi picchetti! Poiché ti spanderai a destra e a sinistra"


Allargare può essere un sinonimo di spostare? Solitamente si intende che da un centro, ci si espande per raccogliere anche ciò che prima stava fuori, ridisegnando i propri confini. Ma questa parola ebraica ha delle assonanze con il termine trasformare. Non è un sinonimo di inglobare, o semplicemente di spostarsi e ricreare il proprio centro con le medesime dinamiche. Allargare il suolo della propria tenda, distendere le corde in un’ottica di trasformazione, di dialogo e di ricezione di ciò che è altro dal conosciuto: non per appiattirlo, ma per riceverne trasformazione. La storia delle nostre società occidentali ci ha trasmesso uno sguardo al rapporto fra centro e periferia che porta ad associarvi parole come progresso, cultura, benessere, che appartengono ad un luogo piuttosto che all’altro. E il naturale processo sarebbe quello di creare dei centri, ripulendo da ciò che è scomodo, relegandolo fuori dal visibile e il decente. Il testo di Isaia invita ad allargare il luogo della tenda e ad espandere il proprio sguardo così come la propria mente a ridisegnare i margini apparentemente così irremovibili. Vuol dire aprirsi alla possibilità di apprendere da ciò che è nuovo e differente da sé. È solo riconoscendo la ricchezza della diversità, che il processo fra centro e periferia può invertirsi: non è la periferia che va ad essere assorbita dal centro, ma è il centro che impara a spostarsi verso la periferia che è luogo di nuova abitazione, di forza e di immaginazione trasformativa: un luogo di radicale possibilità (Bell Hooks).