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di Francesco Marfé

"Ed io, quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me"


Il vangelo di Giovanni, con il concetto dell’innalzamento, presenta la croce in modo paradossale; questo sadico e schifoso strumento di tortura, non dissimile da una ghigliottina o una sedia elettrica (anzi peggio, perché produce una morte lenta ed una sadica agonia), questo strumento mortale diventa il luogo della glorificazione del Figlio.

Dio ribalta ogni logica, porta tutto a suo vantaggio, che è anche il nostro vantaggio, anche se non lo sappiamo, anche se lo capiamo dopo.

Lo strumento di tortura e condanna dei Romani, diventa lo spazio attraverso il quale il Figlio torna al Padre, cambiando le sorti e il destino dell’umanità.

Dio ribalta ogni logica e fa della morte di suo Figlio non già l’inizio della sua assenza ma, al contrario, della sua presenza definitiva e salvifica.

Facendo ritorno a Dio con la sua morte e resurrezione, Gesù apre l’accesso a Dio a tutti gli esseri umani, nessuno escluso. L’offerta della salvezza, infatti, è universale e diventa realtà per chiunque l’accoglie nella fede. Con la sua morte Gesù offre ad ogni persona la possibilità di vivere in una relazione vera e profonda con Dio ed è questa relazione ad essere vita vera, vita eterna.

La salvezza e la vita eterna, dunque, non consistono, in primo luogo, nell’esistenza dopo la morte ma in una conoscenza di Dio che coinvolge integralmente la persona e la trasforma.

Ogni individuo, infatti, a causa del peccato, cioè della concentrazione su sé stesso, vive una vita inautentica, alienata nella finitudine della morte e delle continue mortificazioni, ma la conoscenza di Dio e una vera relazione con Lui, permettono di avere una vita autentica.

Una vita profondamente vera, piena di senso che non sarà spezzata nemmeno dalla morte.