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di Pawel Gajewski

«Il signore disse al servo: "Va' fuori per le strade e lungo le siepi e costringili a entrare, affinché la mia casa sia piena"»

Questo versetto fa parte di una parabola che Gesù racconta quasi a titolo di commento dell’affermazione che durante un banchetto fa uno dei commensali: «Beato chi mangerà pane nel regno di Dio!» (v.15). La parabola è profonda nella sua semplicità (vv. 15-24). Un uomo benestante imbandisce una cena invitando tanta gente. Una cena di alto livello, si direbbe oggi. Ciò che viene meno è l'adesione degli invitati. Ognuno di loro presenta le sue scuse e se ne va per i fatti suoi. Il padrone di casa, tuttavia, non si rassegna ed estende il suo invito a “poveri, storpi, ciechi e zoppi” (v. 23), detto in termini più contemporanei: a tutte le persone che sono emarginate, isolate e spesso maltrattate dalla società.

Sullo sfondo di questa parabola si trova il dibattito sul ruolo del Popolo d’Israele nell’economia della salvezza, un argomento sviluppato magnificamente da Paolo nei capitoli 9,10 e 11 della Lettera ai Romani. Il significato più profondo della parabola va, tuttavia, ben oltre tale dibattito. Si tratta della questione centrale per la fede cristiana. Godere pienamente della gioia del Regno è un privilegio di pochi eletti oppure è un dono per tutti gli esseri umani?

È triste constatare che oggi molti di noi, indaffarati o sopraffatti da interessi tutt'altro che spirituali, vivano come se non esistesse alcun Dio, come se “il cielo fosse vuoto”, citando il titolo della nota canzone di Cristiano De Andrè, figlio del celebre Fabrizio. Il Vangelo secondo Luca afferma invece in più parti la presenza materna e paterna dell’Eterno nell’alto dei cieli. Nella narrazione lucana, però, va ben oltre il cielo. Leggendo la stupenda parabola del figlio prodigo (Luca 15,11-32) scopriamo il fatto che l’Amore non si arrende. Non esiste un essere umano che possa essere escluso dall'Amore perché la gioia del Regno è un dono gratuito per tutti.