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di Ruggero Marchetti

«Signore, Dio della mia salvezza, io grido giorno e notte davanti a te. Giunga fino a te la mia preghiera; porgi orecchio al mio grido, perché l’anima mia è sazia di mali e la mia vita è vicina al soggiorno dei morti». 

Così inizia il Salmo 88, che qualcuno ha definito “la pagina più buia di tutto il libro dei Salmi”. Ed effettivamente, a leggerlo nella sua interezza, sembra proprio che in esso il limite umano dell’angoscia sia varcato. Il Signore, che nel primo versetto è ancora chiamato “Dio della mia salvezza”, viene poi certo ricordato dal salmista quasi in ogni riga della sua composizione, ma ormai soltanto quasi in veste di imputato come il responsabile ultimo e supremo di ogni sua sventura: “mi hai messo nella fossa più profonda… la tua ira pesa su di me… perché respingi l’anima mia?… io porto il peso dei tuoi terrori… hai allontanato da me amici e conoscenti… le tenebre sono la mia compagnia”. E proprio su queste “tenebre” cala cupo il sipario. Chi legge resta come in sospeso, aspettando il tonfo sordo di chi si precipita dall’alto. 

Eppure no. Questo salmo così carico d’angoscia è pur sempre un dialogo con il TU divino. Si afferma infatti qui ancora il sopravvivere di una fede che non vuole morire e che nel salmo si tradisce (per dire così) per tre volte, testimoniando la tenacia della preghiera di chi, nonostante tutto, “grida a Dio giorno e notte”

Insomma questo salmo è vera preghiera; e anche quel silenzio dopo le “tenebre” è preghiera. Come fu preghiera il silenzio di Abramo mentre saliva al monte per immolare Isacco “sperando contro la speranza”... 

Forse il Salmo 88 ci vuole insegnare che vi sono dei momenti in cui la fede è chiamata ad esprimersi così, in un silenzio che affonda nelle tenebre. 

Perché poi c’è anche un altro silenzio nella Bibbia: il silenzio di Gesù nel buio del sepolcro. E poi, al di là di quel silenzio c’è la pietra ribaltata, c’è la luce della mattina della Pasqua che ha squarciato la cappa tenebrosa della morte. È stato per noi, per Israele e per l’intera umana, il grande dono d’amore del “Signore, Dio della nostra salvezza”.