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di Jean-Félix Kamba Nzolo

«Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili; e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio»

Come preghiamo?  Che cosa diciamo quando preghiamo? A chi rivolgiamo la nostra preghiera? Sono domande impegnative se prese sul serio, perché comportano un’analisi della nostra preghiera e forse anche una riflessione critica. Questo a conferma di quanto sostiene l’apostolo Paolo quando dice che non sappiamo pregare come si conviene.  

In effetti, quando pensiamo alla preghiera, facciamo riferimento a una qualche “tecnica” che ha a che fare con le tecniche di concentrazione; pensiamo di essere noi stessi soggetti della preghiera che rivolgiamo a Dio e pensiamo anche che l’efficacia della preghiera dipende da noi, dalla molteplicità delle parole e dall’insistenza. A prescindere da ciò, l’apostolo Paolo dice senza mezzi termini che la nostra preghiera risente della nostra debolezza come creature umane, riscontra il nostro limite creaturale di fronte al Creatore.  

Lungi da scoraggiarci a pregare, Paolo ci invita a prendere coscienza del fatto che, nella nostra condizione umana partecipiamo alla sofferenza della creazione e nella nostra ignoranza non sappiamo né cosa chiedere, né come chiedere: non si tratta di una preghiera formale o rituale; anche la preghiera formalmente più perfetta non è in grado di rimediare a questa nostra povertà. Ma lo Spirito di Dio viene in nostro aiuto mettendo la vera preghiera nei nostri cuori. “Lo Spirito intercede egli stesso per noi”, non significa che prega Dio al nostro posto, senza la nostra partecipazione, ma che prega in noi. Lo Spirito che è “Dio in noi”, ha una tale sintonia con Dio da poterne conoscere pienamente la volontà e il disegno di salvezza che ha su ogni persona umana. 

Pregare diventa quindi un affidarsi a Dio, che rimane il soggetto della nostra preghiera, perché conosce tutto ciò di cui abbiamo bisogno prima che glielo domandiamo (Cfr. Matteo 6, 8), e orienta la nostra vita verso il bene più grande, la redenzione dei nostri corpi. È dunque un invito a non preoccuparsi di cosa dire e come dirlo, ma ad avere fiducia sapendo che lo Spirito di Dio setaccia e ridefinisce  la nostra preghiera, i nostri gemiti insieme a quelli della creazione davanti a Dio.