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di Jean-Félix Kamba Nzolo

«Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore. Il mercenario, che non è pastore, a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e si dà alla fuga, e il lupo le rapisce e disperde.»

Gesù si trovava a Gerusalemme dove aveva guarito un uomo che era cieco dalla nascita in giorno di sabato. Il miracolo irrita fortemente i farisei, i quali ritengono che Gesù non è un uomo venuto da Dio, perché non rispetta il sabato. La conseguenza di ciò è che l’uomo che è stato guarito viene espulso dalla sinagoga, perché aveva osato difendere Gesù dall’accusa di essere un peccatore.

Di fronte al dubbio dei farisei circa l’origine della sua missione Gesù risponde con la parabola del buon pastore. Nella sua visione i farisei sono paragonabili ai cattivi pastori d’Israele contro cui il profeta Ezechiele rivolge la sua predicazione. Essi non hanno fatto nulla per la guarigione dell’uomo nato cieco e, cacciandolo fuori dalla sinagoga, gli impediscono di vivere pienamente la sua vita spirituale. Per loro, la cosa più importante è l’osservanza stretta dei precetti, perché è necessario essere fedeli davanti a Dio. Spesso nei vangeli Gesù condanna l’ipocrisia dei farisei. Anche qui la presunta fedeltà a Dio si traduce in una mancanza di amore verso il prossimo. Al contrario, Gesù è il buon pastore che, non solo si prende cura dei suoi, ma offre la sua vita in dono per loro.

Solitamente sono le pecore a dare la vita per il pastore cioè ad essere uccise per permettere al pastore di aver di che vivere, qui, invece, è il pastore a dare la sua vita per permettere alle pecore di vivere. Qui sta la vera originalità del ruolo del buon pastore che Gesù si attribuisce e che lo distingue dal mercenario, che quando vede venire il lupo, abbandona le pecore e si dà alla fuga. Il buon pastore dà la sua vita per le sue pecore perché le ama, il mercenario, invece, lavora per un vile guadagno e non è disposto a rischiare la vita per le pecore che non sono sue. 

La Pasqua di risurrezione appena celebrata attesta il dono che Gesù ha fatto della sua vita, per permettere a tutti noi esseri umani di vivere la vita di Dio. Gesù è colui che fa vivere una vita amorevole di Dio e vuole guidare i suoi verso un Dio che li ama e vuole il loro bene. Oltre a mostrare chi è Dio e come agisce, con questa parabola Gesù ci insegna a donarci agli altri nel cercare e volere il loro bene e non solo il nostro.