I link che seguono forniscono la collocazione della pagina attuale nella gerarchia di navigazione.

di Enrico Benedetto

«I marinai si dissero: "Tiriamo a sorte per sapere chi ci porta sfortuna attirando la tempesta". E fu estratto Giona. Gli chiesero: (...) "Qual è il tuo Paese e il tuo popolo?” Rispose: “Sono ebreo e temo il Signore, il Dio del cielo che ha fatto il mare e la terra ferma”. (...) e spiegò che scappava per sfuggire al Signore. (...). “Gettatemi in mare, e la tempesta si placherà" indicò loro

Giona, il disertore di Dio, confonde - ed è in buona compagnia fra noi, oltre due millenni dopo - paura di Dio e timor di Dio. Fugge e sfugge chi ha paura. È la paura che premia sul chi o sul cosa. Basterà interrogare le nostre paure per accorgercene. Ma il “timor di Dio” è un timoroso rispetto, o addirittura una timidezza rispettosa, che fa luogo non alla minacciosità di Dio, bensì alla sua conturbante, misteriosa, eppur benevolente presenza, suscettibile in ogni momento di orientare e riorientare la nostra vita priva di Oriente (l’origine della Vita), ossia disorientata. La stessa collera di Dio, la stessa gelosia di Dio, espressioni ricorrenti nella Bibbia, è frutto d'una impulsione restauratrice, anzi ristoratrice, non distruttiva.

Profeta refrattario, Giona confessa su ingiunzione la propria origine e la propria fede, che fanno tutt’uno. E aggiunge al canonico “Dio dei Cieli (in ebraico solo al plurale) e della terra” il mare, con il quale gli Ebrei - più avvezzi a traversare il Deserto sull’Oceano della Parola, come osserva l’esegeta André Chouraqui - non avevano, a differenza dei vicini Fenici, particolare dimestichezza. Sì, il mare non è sottomesso né al dio ministerialmente competente - Poseidone/Nettuno nell’antichità classica - né alla ventura o al caso, quasi fosse il “fuori campo” della terra abitata. In qualche modo Giona, che provava a uscire dallo schermo per cercarsi una extraterritorialità, sembra divenirne improvvisamente cosciente. E si condanna a morte in pubblico, con un inedito autodafé. Ma gli implacabili siamo noi, non il Signore. E ce lo mostrerà...