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di Erika Tomassone

«Anche se giudico, il mio giudizio è veritiero, perché non sono solo, ma sono con il Padre che mi ha mandato»
Ma allora, un giudizio viene pronunciato! Non è vero dunque che il Dio di Gesù Cristo non ci giudica. La parola di Gesù va compresa nell’economia dell’incontro con la donna adultera. Se pure con grande travaglio, Gesù si è espresso chiaramente. Ha preso posizione, ha giudicato. Ha rinunciato a chiudersi in un silenzio ambiguo. Non ha espresso un’opinione relativa che ne vale un’altra, anch’essa possibile. Ha espresso un giudizio nel senso che ha offerto una via d’uscita promettente per la vita della donna e dei suoi accusatori.

Il giudizio di Gesù innanzitutto mostra e dice la verità sulla vita di ogni persona coinvolta e apre ad una nuova occasione con se stessi e per se stessi, in questo senso è veritiero. Gli accusatori sono invitati ad un autoesame che li allontani dal ruolo di giustizieri; la parola di commiato alla donna, la invia ad una vita nuova. Perciò siamo giudicati perché ci è offerta la possibilità di guardare con realismo e crudezza alla nostra vita, guardare alle nostre ambiguità, infedeltà, al bisogno di giustiziare gli altri, al nostro smarrimento e le ripetizioni degli errori, e non essere fatti fuori, ma incontrare una nuova occasione di vita.

Questa occasione viene secondo Giovanni, dalla compagnia di Gesù con il Padre che lo ha inviato. Non è dunque giudicare con saggezza umana o superumana, a partire dalle proprie convinzioni, ma esprimersi nell’orizzonte di quel Dio che non giustizia nessuno.