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di Marco Di Pasquale

«Questo dice il Santo, il Veritiero, colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre: “Io conosco le tue opere. Ecco, io ti ho posto davanti una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché, pur avendo poca forza, hai serbato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome”».

Una porta aperta: immagine intrigante. Non occorre forzare o sfondare alcunché per scorgere ciò che ne sta al di là. Si può addirittura sbirciare da fuori. A una porta chiusa, si tratti pure del portale di un tempio, non si fa molto caso. Ma una porta aperta attrae. È quasi un invito a varcare la soglia. Cosa ci sarà là oltre? Una dimora accogliente? Un tesoro? Un sentiero? Una presenza ostile?

Questa immagine, intrigante e inquietante, mi ha fatto ripensare a una breve storia di Franz Kafka. A guardia della porta aperta della Legge sta un custode. Un giorno arriva un uomo che lo prega di farlo entrare, ma il custode dice che per il momento non può consentirgli l’accesso. L’uomo vorrebbe entrare, ma teme il custode. Perciò decide di aspettare, e il custode gli dà uno sgabello. L’uomo siede lì per giorni e anni. Sbircia attraverso la soglia, ma non vede nulla. Prega assiduamente il custode di farlo entrare, offrendogli via via tutti i beni dei quali si era fornito per il viaggio. Il custode accetta tutto, affinché l’uomo non creda di aver trascurato qualcosa, ma non lo autorizza a entrare. Nell’attesa interminabile, l’uomo invecchia, finché giunge per lui il momento della morte. Proprio allora scorge un bagliore che erompe dalla porta aperta. Con l’ultimo alito, domanda al custode: “Tutti tendono alla Legge. Perché in tanti anni nessuno all’infuori di me ha chiesto accesso?”. Il custode risponde: “Qui non poteva avere accesso nessun altro, questo ingresso era destinato solo a te. Ora vado a chiuderlo”.

Questa storia è una metafora della vita umana nel suo rapporto con il divino. L’uomo è attratto da un aldilà, da un significato dell’esistenza che ne oltrepassi la superficie. Un aldilà che la tradizione e le religioni paiono dischiudergli, ma non offrirgli: possiamo sbirciare oltre la soglia dell’aldilà, ma non vi abbiamo accesso. Neanche i dottori e i ministri di culto vi hanno accesso (neanche il custode – precisa Kafka – ha avuto accesso alla Legge, pur essendone al servizio). Per quanto ci affatichiamo, siamo seduti davanti a una porta aperta. Nient’altro di meglio sappiamo fare.

Eppure – dice il testo dell’Apocalisse – «pur avendo poca forza, hai serbato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome». Gesù Cristo, che ci ha aperto quella porta, non permetterà che venga chiusa. Ed è egli stesso (non il pastore o il prete) a venirci incontro dalla soglia per farci partecipi già qui, già ora, nel suo nome, del Regno di Dio.