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Quando la vita di Cristo diventa la nostra vita egli vive in noi e per noi

Generalmente si intende la fede come adesione a un corpo di dottrine, con le loro implicazioni morali. In questo senso si parla di fede cristiana, di fede ebraica, di fede islamica.
Ma se si guarda più da vicino, la fede non è soltanto un fatto dottrinale; anzi, l'aspetto dottrinale è solo una conseguenza della fede, un modo per chiarirla, per delimitarla di fronte ad altre posizioni, con essa incompatibili.

Che cos'è dunque la fede? è un modo di porsi di fronte a Dio. Non è un pensiero, è un rapporto. Il rapporto non è stabilito da noi, ma da Dio, che ci incontra in Cristo. La fede non è una nostra decisione; per grazia di Dio la vita di Cristo diventa la nostra vera vita: Cristo vive per noi e in noi. Il vuoto della nostra esistenza si colma. La fede diventa allora non solo possibile, ma necessaria; non è altro che questo ricevere vita, che questo essere colmati. La nostra attività, anche se caratterizzata dall'amore, non riuscirà mai a realizzare l'autenticità e la pienezza che deriva dalla presenza di Cristo. Solo la fede può riceverla.
Noi esistiamo, il mondo esiste, perché Dio ci ama. Tutto, creazione, salvezza, vita eterna, proviene dall'amore di Dio. Possiamo dire la stessa cosa dell'essere umano? L'amore viene prima di ogni cosa? Anche prima della fede? è più importante della fede?

Sull'importanza dell'amore nella vita cristiana non ci può essere alcun dubbio. Ma bisogna stare attenti a non trarre da questa certezza una conseguenza sbagliata. Fede e amore vanno insieme, sono inseparabili; insieme con la speranza sono i caratteri fondamentali di una sola realtà, la realtà della vita nuova creata dallo Spirito. Ma se dico: devo prima di tutto amare, poi dall'amore nasce la fede, commetto un grosso errore. Se dico: devo sforzarmi di amare, così Dio mi ricompenserà e mi darà la salvezza, attribuisco all'amore un potere che non ha. La fede è invece la condizione perché io possa amare.

Non posso dare se prima non ho ricevuto. Non posso amare il prossimo se prima non sono amato da Dio. Non posso prelevare a favore degli altri dal conto dell'amore se prima lo Spirito non mi ha aperto il conto con tutti i suoi doni. La fede è l'atto con cui riceviamo; è la scoperta che lo Spirito ha fatto scaturire una fonte a cui possiamo attingere. è l'atto con cui, come dice Lutero, afferriamo Cristo che si dona a noi; non abbiamo alcun potere per farlo venire, contiamo solo sul fatto che, per grazia di Dio, egli è presente. E se è presente, la vita nuova è possibile. La fede trasmette all'amore l'energia che proviene da questa certezza, e l'amore può allora portare i suoi frutti.

Se amo, compio semplicemente il mio servizio e, mentre lo compio, sento che la fede mi sostiene. Se amo, capisco di che cosa ha bisogno la persona del prossimo (un aiuto materiale, un conforto morale, una critica, un incoraggiamento) e cerco di darglielo senza umiliarla, senza renderla dipendente da me, ma al contrario rispettando la sua dignità, dandole fiducia. Mentre agisco mi affido al Signore, perché io possa veramente capire, intervenire in modo giusto, rispettare, aiutare a crescere. Questo affidarsi al Signore, prima, durante e dopo l'azione, è la fede.

La fede è dunque fondamentalmente riconoscenza. è la scoperta che tutto è già stato compiuto per noi; che per questo, e solo per questo, la nostra esistenza è valida e noi possiamo essere accettati da Dio come partners autentici. La conseguenza di tutta l'azione di Dio in nostro favore, che si riassume nella parola grazia, è la libertà. La libertà implica la responsabilità; ma questa non consiste nell'autoesame che ci costringe a metterci perennemente sotto accusa. Consiste piuttosto nel metterci in azione con tutta la serietà di cui siamo capaci. Ma, in questa azione responsabile, siamo liberi dalla pretesa di compiere qualcosa di perfettamente giusto, di perennemente valido, di definitivo. Sappiamo che la nostra azione, per quanto mossa dal desiderio di servire la giustizia, resta sempre un tentativo, una realizzazione provvisoria. Proprio perché il cristiano, la cristiana, vive nella luce della giustizia realizzata da Cristo, è libero, libera di ripartire e di tentare una risposta alle situazioni sempre nuove che si presentano.

La fede è un rapporto. Non si risolve in una conoscenza astratta, in un sistema dottrinale. Ma non è neanche uno slancio verso l'ignoto. Nell'opera di Cristo Dio si è fatto conoscere. La fede è dunque anche una conoscenza che, pur consapevole dei limiti della comprensione umana, osa fare delle affermazioni su Dio. Osa cioè proclamare la ricchezza della vita di Dio e della sua azione. Questa manifestazione della fede che afferma e proclama si condensa nel Credo. Dio è il Padre che crea e dona la vita, è Gesù Cristo, il Figlio che ci trasmette il suo amore, è lo Spirito Santo che ci dischiude i frutti della salvezza.

Come fatto personale, come esperienza interiore, la fede non è comunicabile. Non posso descrivere agli altri il rapporto che ho con Dio. Se lo facessi, rischierei di falsificarlo. Eppure esiste una forza comunicativa della fede. Essa deriva dal fatto che la grazia di Dio ha come oggetto l'umanità; è un'azione che imprime una direzione nuova all'esistenza umana. Perciò non può essere taciuta; è la cosa più importante di cui si possa parlare. La fede non è soltanto riconoscenza e conoscenza; è anche confessione, testimonianza di ciò che Dio in Cristo ha compiuto per il mondo.

La fede ha una forza comunicativa anche in un altro senso. Non è soltanto un'esperienza interiore; è anche un rapporto condiviso, una realtà comunitaria, una comunione che nasce dal fatto di essere oggetto della stessa grazia, dello stesso amore, dello stesso perdono, della stessa azione vivificante. Il Credo, anche se è al singolare, è espressione di unità e di concordia.