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di Sabina Baral

A Milano una notte al tempio per gli adolescenti come occasione di incontro e di  reciproca comprensione

Torre Pellice, 11 Maggio 2018

A Milano, il 19 maggio, vigilia di Pentecoste, è previsto un evento al tempio valdese di via Francesco Sforza rivolto ai ragazzi e alle ragazze delle chiese protestanti milanesi. L'incontro inizierà allora ore 20 del sabato e si concluderà prima del culto della domenica. Un grande laboratorio tra la veglia e il riposo interamente vissuto nel tempio. Ne abbiamo parlato con Italo Pons, pastore della chiesa valdese di Milano e membro della Tavola Valdese.

Di che si tratta esattamente?

Anni fa la chiesa di Milano organizzò, con un certo successo, un avvenimento simile per i più piccoli. Abbiamo ora pensato di ripetere l’esperienza con i giovani. Vivere una notte fuori casa e soprattutto dormire poco è per i ragazzi una proposta allettante. Il tempio, anche se rimane lo stesso, assume caratteristiche diverse in base all’uso che ne facciamo: ci si può ritrovare per il culto, per un concerto, una conferenza o per condividere un pasto. E’ anche lo spazio in cui ci si congeda da qualcuno e ci si promette amore. Tutti questi momenti sono temporalmente limitati. Venirci e trascorrervi una notte intera è un’esperienza fuori dall’ordinario. Un evento. In altre parti della città tutto questo accade normalmente: molti vanno a dormire quando la città si sveglia e si mette al lavoro. Il popolo della notte e quello del giorno generalmente non si incontrano mentre è singolare sapere che il giorno di Pentecoste popoli diversi non solo si sono incontrati, ma si sono anche compresi.

L’evento si colloca alla vigilia di Pentecoste. La data segna l'inizio della chiesa, una struttura umana ma guidata dal Signore, che ha per compito principale la testimonianza di Cristo nel mondo. Come coinvolgere i giovani in questa sfida?

Bisogna rileggere il capitolo 3 dell’Evangelo di Giovanni. Anche qui qualcuno va da Gesù di notte perché vorrebbe delle risposte. Chissà quanti giovani sentono la necessità d’incontrare Gesù e instaurare un dialogo. Ma la difficoltà sta appunto nel creare le occasioni perché l’incontro sia possibile. Noi possiamo essere dei “passaparola” che creano questa opportunità: la nostra voce rimbomba come un’eco che si disperde. Contiamo sul fatto che essa disperdendosi possa creare delle vibrazioni che, forse, saranno avvertite e raccolte.

Pietro nel suo lungo sermone a Pentecoste, citando i profeti, lascia intendere la possibilità che i sogni e le visioni non mancheranno. I giovani, da questa predicazione, possono essere ampiamente coinvolti. Nelle nostre chiese dobbiamo prestare molta attenzione alle occasioni d’incontro con gli adolescenti. E’ bene parlare di più con loro e meno di loro. Per i giovani, più di lunghi e complessi discorsi, conta molto l’esempio. Nicodemo, per riprendere il testo di Giovanni, sparisce, nuovamente nella notte, e lo ritroviamo la sera del venerdì santo quando si mobilita per prendersi cura del corpo di Gesù. Qualcosa deve essere accaduto in lui; egli non si tira indietro proprio quando tutti hanno timore e scelgono la strada dell’abbandono.

In molte chiese metodiste e valdesi, a Pentecoste, i ragazzi che hanno concluso il catechismo possono chiedere di diventare a tutti gli effetti membri di chiesa. Analogamente si celebrano le ammissioni in chiesa di adulti che domandano di far parte di una delle nostre comunità locali. Cosa significa oggi assumersi il compito di essere discepoli di Cristo?

Una giovane donna che ha scelto di entrare nella nostra comunione di chiese, provenendo da una tradizione cristiana diversa da quella alla quale apparteniamo, mi ha raccontato lo sgomento del padre: “ho perso una figlia”. Per questa donna la partecipazione al primo culto in una nostra chiesa ha rappresentato una sorta di svolta esistenziale inedita fino ad allora. La nostra chiesa insiste molto sulla responsabilità personale nel frequentare la vita comunitaria, anche per quanto riguarda l’aspetto della contribuzione finanziaria. Essere discepoli di Cristo ti inscrive all’interno di una relazione in cui, nell’arco della vita, sei più volte chiamato in causa. Si tratta di un percorso molto personale, accompagnato e certamente sorretto dall’ascolto e direi anche dalla dimensione comunitaria, dai testimoni che incontri e incontrerai sul tuo cammino. Come tutto questo si compia in noi non è del tutto chiaro. La cosa importante è pensare che questo possa accadere. Quello che è certo è che la radicalità di Cristo inquieta e destabilizza la nostra autoreferenzialità e le nostre certezze. Un cambiamento del quale tutti avvertiamo il bisogno.