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di Sabina Baral

Il documento della Commissione bioetica delle chiese battiste, metodiste e valdesi

Torre Pellice, 4 Gennaio 2021

“Riconosciamo l’importanza di ogni occasione di studio, di formazione e di informazione come premessa per assumere decisioni responsabili e per far risuonare una parola di giustizia, di equità e di attenzione alle necessità dei più fragili ed esposti che spesso vengono soffocate da interessi più forti”. Con queste parole si conclude il documento intitolato "Vaccini anti-Covid: scelte responsabili" redatto dalla Commissione bioetica delle chiese battiste, metodiste e valdesi. Un documento snello che fa seguito a quello del 2018 "La vaccinazione: una scelta responsabile e di cura" (in cui si esaminava il tema della sfiducia nei confronti della scienza, del rapporto fede-scienza e della responsabilità sociale) e che solleva diverse questioni etiche a partire dalla gestione della pandemia Covid-19 e dalle speranze riposte nella vaccinazione. Di questo parliamo con Libero Ciuffreda, membro della commissione e direttore dell'Oncologia Medica 1 dell'Ospedale Molinette di Torino.

Ci può riassumere le sfide etiche sollevate dal documento sui vaccini anti-Covid?

Siamo di fronte a una pandemia che necessariamente dovrà essere affrontata e guidata da valori e principi che trascendano gli interessi particolari dei singoli, delle nazioni o dei continenti. Può un cittadino rifiutare di essere vaccinato, salvo che per acclarate ragioni mediche?

Una superficiale interpretazione del principio di autonomia potrebbe indurci a rispondere di sì. Pur riconoscendo che alcuni non saranno d’accordo ritengo che, in questo caso, non si possa accettare. L’essere umano è per definizione un essere sociale, che necessita di relazioni per rendere la sua vita degna di essere vissuta e che ha bisogno di condivisione per far parte di una comunità, sia essa scientifica, religiosa o politica. Ebbene è proprio l’elemento della vicinanza, della relazione, che confligge con la diffusione del virus.

Siamo disposti a non riabbracciarci, a sacrificare l’educazione in presenza, i riti che accompagnano e scandiscono le tappe importanti delle nostre vite? Penso proprio di no.

Anche sul principio di beneficenza, penso si debba riflettere. Il Servizio sanitario nazionale, in questi giorni, ha iniziato a vaccinare gli operatori sanitari. E questo è fondamentale perché essi sono chiamati ad  agire per tutelare l’interesse del paziente e a testimoniare con il proprio esempio l’importanza di una scelta responsabile. Ritorna prepotentemente la riflessione sulla responsabilità personale e professionale: non puoi svolgere una professione di aiuto e di cura se potenzialmente tu stesso puoi esser fonte di pericolo per l’assistito.

A questi principi dobbiamo associare quello di giustizia che ci impone, in caso di risorse limitate, di distribuire le risorse in modo equo e appropriato.

Come possono le chiese essere dei luoghi di corretta informazione e confronto nei quali le persone possano maturare il discernimento necessario per scelte consapevoli e responsabili?

Al catechismo mi hanno insegnato che un buon cristiano deve leggere ogni giorno la Parola di Dio contenuta nella Bibbia e almeno un quotidiano.

Le nostre comunità, attraverso l’approccio laico che da secoli le contraddistingue, possono aiutare a svolgere la necessaria attività di informazione, valutazione e divulgazione dei dati scientifici attestati dalle istituzioni sanitarie nazionali e internazionali competenti.

In questo periodo anche attraverso i culti, negli incontri comunitari ed ecumenici, virtuali o in presenza, oppure attraverso campagne e progetti ad hoc, abbiamo il dovere di testimoniare in modo chiaro e diretto che noi siamo a favore della vaccinazione.

Nel documento si evidenzia come la cura di sé non possa prescindere dalla cura della comunità. Questo aspetto acquista per le chiese un valore teologico rilevante...

Una Chiesa che non si inserisce appieno nel dibattito in corso, che non ha il coraggio di prendere posizioni nette o che non comprende che il “qui e ora” rappresenta la vera sfida, non è al servizio della comunità che la circonda.

Circa 1.800.000 ormai sono i morti di Covid, altri ne mancano all’appello, verosimilmente deceduti nei Paesi più poveri della Terra, ove mancano i presupposti anche solo per fare la diagnosi della malattia. Un grido di sofferenza scuote le nostre coscienze e ciò che ci rimane, per sconfiggere la pandemia, è attivare con tutte le nostre forze un responsabile approccio scientifico.

La cura di sé non può prescindere dalla cura degli altri e viceversa. Si tratta in fondo di applicare quanto Martin Lutero scrisse nel libro “La libertà del cristiano”: “Un cristiano è un libero signore sopra ogni cosa, e non è sottoposto a nessuno. Un cristiano è un servo zelante in ogni cosa, ed è sottoposto ad ognuno”.