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di Sabina Baral

Italo PonsLa chiesa valdese è una chiesa di laici. Non c’è un ordine sacerdotale. L’unico sacerdozio è quello universale dei battezzati. I laici, pertanto, si trovano a svolgere importanti compiti di responsabilità all’interno di organi collegiali di governo eletti da assemblee che verificheranno in seguito il loro operato. Avere chiaro ruoli e funzioni che si è chiamati a svolgere è un presupposto fondamentale per operare al meglio. A questo proposito la Tavola Valdese, su indicazione del Sinodo 2015 e avvalendosi dell’aiuto di una commissione, ha elaborato un manuale rivolto in particolare a chi si trova a svolgere un ministero specifico: quello di membro del consiglio di chiesa, l’organo di governo delle comunità locali. Un libretto denso e articolato, pieno di utili indicazioni e linee guida volte a chiarire bene compiti e funzioni dell’anziano di chiesa ma non solo: il manuale si presenta anche come un utile materiale di edificazione per la vita di tutti i credenti che possono ritrovarvi il senso più profondo della propria ecclesiologia.
Al pastore Italo Pons, membro della Tavola Valdese e coordinatore della commissione che ha realizzato il prezioso manuale, rivolgiamo alcune domande.

Da dove nasce l’esigenza di un manuale di questo tipo?

Molto spesso i nuovi membri dei consigli di chiesa (o concistori per le chiese autonome) entrano nelle loro funzioni senza indicazioni precise su quello che devono fare e su come farlo. Se è vero, per quanto concerne la soluzione delle problematiche, che tutti i nostri organi sono collegiali, è altrettanto vero che bisogna chiarire meglio quali sono i compiti della funzione alla quale si viene chiamati. Il consiglio di chiesa è un organismo composto da anziani, diaconi e pastori. Le discipline e le liturgie d’insediamento forniscono indicazioni precise. Il manuale non le sostituisce, ma ne approfondisce taluni aspetti alla luce delle premesse bibliche e degli aspetti organizzativi della chiesa. L’uso migliore di questo strumento, secondo me, è quello di fornire degli stimoli, provocare delle domande riguardanti la conduzione della vita di una comunità. Ci sono gli aspetti amministrativi, trattati con indicazioni che possono essere di grande utilità ma non mancano gli aspetti che concernono il ministero. L’anziano/a è un elemento di collegamento tra i vari membri della comunità: è chiamato a esercitare la discrezione, vigilare, visitare, applicarsi nel discernimento dei doni presenti nella comunità locale. Il sacerdozio universale dei credenti non significa che tutti sono diaconi, anziani e pastore/i. La domanda da porsi è: cosa significa svolgere quel determinato compito? Come svolgerlo? Il manuale stimola queste domande.

I membri del consiglio di chiesa hanno un ruolo di guida e di accompagnamento dei credenti. Come si può conciliare questo loro compito con la crisi d’autorità che segna i nostri tempi?

Assocerei la parola guida alla parola visibilità (che non è sinonimo di “apparire”). Il membro del consiglio è visibile, la comunità lo ha chiamato a un compito che dovrà esercitare con umiltà, ma anche con lucidità: dovrà onorare pienamente questa chiamata particolare. La sua posizione non comporta dei privilegi, si tratta di svolgere un servizio richiesto. In questo senso l’anziano ha un grande credito di fiducia. Dovrà sapersi spendere con le sue energie e la sua intelligenza in questo servizio, coltivare la sua pietà personale attraverso la lettura della Parola di Dio e la preghiera, conoscere i membri di chiesa, ascoltarli. Probabilmente il ruolo di “guida” nasce dalla pratica dell’ascolto di sé stessi e poi degli altri. L’autorevolezza scaturisce da queste premesse. Dalla società civile, dal mondo della scuola, dell’amministrazione, della ricerca, dell’assistenza provengono molti nostri membri di chiesa che siedono nei nostri consigli. Sono un potenziale che dobbiamo valorizzare. Altri attendono che gli rivolgiamo vocazione, possiamo proseguire senza troppi timori.

La confusione che domina il nostro presente, non solo all’interno della chiesa, può minare le basi della nostra fede?

Non dobbiamo accettare passivamente la confusione che domina l’oggi. Per essere propositivi si deve partire da una visione chiara dei compiti che ci attendono. La parte più attiva di una comunità, in questo caso un consiglio di chiesa, ha questo dovere. Il manuale mi pare offra molti spunti in questa direzione. La fede ha necessità di essere nutrita e sostenuta dalla Parola e dai sacramenti. Per una chiesa che fa riferimento alla Riforma i ministeri hanno il compito, nella loro pluralità, di indicare proprio nei momenti di maggiore difficoltà che si può resistere alla forza che vorrebbe farla sprofondare. È importante ritrovare il senso più profondo della nostra ecclesiologia, la quale non va mai data per scontata. Pertanto era necessario rileggere e ridefinire le funzioni partendo da un esame delle Scritture, risituandole nella prassi della chiesa.

Il manuale accosta testimonianze del presente a quelle di autorevoli figure del passato. Quanto è importante per una chiesa rimanere nel solco della propria “tradizione”?

Abbiamo scelto solo alcune testimonianze del passato: poche “pietre preziose” senza alcuna intenzione di essere esaustivi. Ma occorre rileggerle alla luce del nostro tempo. Non veniamo dal nulla ma siamo radicati come piante nel terreno, pronte a dare frutto. Al contempo abbiamo il compito di innovare, di trovare delle risposte per il nostro presente. Possiamo farlo con libertà ma anche con fedeltà al lascito che abbiamo ricevuto da chi ci ha preceduto. Il manuale non è frutto del lavoro di un singolo ma di tante persone che hanno offerto il loro contributo: una collegialità che mette insieme sensibilità ed esperienze diverse. È stato realizzato «in compagnia di molti altri», per dirla con il libro degli Atti. I ministeri nella chiesa rispondono proprio all’esigenza di fare le cose insieme. Essi traggono la loro forza dall’Esterno, ma questa forza si deve sperimentare in “compagnia” di altri e altre.

16 settembre 2017