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di Eleonora Natoli

Domenica delle Palme, Giovedì santo e Venerdì santo rappresentano, nella meditazione di ogni credente, lo spazio esistenziale di “timore e tremore” che intercorre tra l’annuncio della promessa e il suo compimento. E’ il percorso teso tra il riconoscimento che la Parola di salvezza di Dio è giunta fino a noi in Gesù che entra osannato in Gerusalemme, e l’amara consapevolezza della desolazione travagliata del Getsemani.

E’ il tempo della luce e della tenebra, è il tempo della preghiera che invoca l’aiuto di Dio per perseverare nella fede nonostante un orizzonte apparentemente tragico.

E’ il tempo della scoperta amara che Dio non scende a risolvere il “qui e ora”. La folla che accoglie esultante Gesù è la stessa che poi lo rinnegherà salvando Barabba.

Sono i giorni in cui la preghiera interroga con “timore e tremore” i percorsi di Dio.

Percorsi che richiedono tutta la fiducia che un’esistenza credente comporta.

Siamo al seguito di Gesù nel suo ingresso festoso in Gerusalemme, accogliamo la sua luce inneggiando “Osanna”, la nostra preghiera è lode, la nostra fede è salda, la nostra gioia è immensa. Riconosciamo la fedeltà di Dio alla sua Parola che promette Vita nuova. La sua Parola è dinnanzi a noi, ci racconta che Dio non cavalca la tempesta ma un umile asino, si rivela a noi nelle piccole cose. La luce illumina.

Illumina anche l’intelligenza del cuore dei discepoli che imparano la grandezza dell’amore che si dona senza condizioni. Riuniti con Gesù, da lui sono amati fino alla fine e per sempre.

Fanno esperienza di un nuovo tipo di amore che è al servizio del bene dell’altro, dell’altra. Il Maestro si fa servo per amore. Questo è il comandamento della lavanda dei piedi.

Un amore che si spoglia dell’esigenza della reciprocità e si nutre solo della consapevolezza che lo shalom cristiano origina dal dare più che dal ricevere.

E Gesù si dà, ancora una volta: invita i discepoli, le discepole di ogni tempo alla partecipazione al suo corpo spirituale, offre loro il diritto di chiamarsi figli e figlie di Dio.

Ma il Venerdì santo è anche il momento teologico della prova: l’ombra, quella che sempre incombe dopo la proclamazione dell’annuncio di Dio, perché si fa strada  il dubbio doloroso che la sua promessa di grazia non si avveri a motivo  della resistenza ostile del mondo.

La tenebra del Venerdì santo. Quest’appuntamento che Gesù rivolge al credente, alla credente è, prima ancora della croce, un momento di alta  riflessione teologica. Solo immersi nella preghiera sofferente di Gesù possiamo arrivare ad accogliere la tensione estrema tra un tempo divino di salvezza già iniziato e il fluire storico di vicende troppo limitatamente umane. Vivere questa tensione con fiducia, come insegna Gesù, ci aiuta a rinnovare la speranza nella grazia di Dio Padre anche quando tutto sembra ormai perduto. Il Venerdì santo è dedicato alla fede obbediente, con tutto lo strazio che essa può comportare. Solo la fede obbediente è in grado di volgere lo sguardo all’inesauribile potenza della bontà di Dio che sola sorregge e provvede nella prova.