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di Pawel Gajewski, professore di Teologia delle Religioni alla Facoltà valdese di teologia di Roma

the school for peace

Dialogare è oggi un'esigenza fondamentale di una società contrassegnata dalla pluralità delle posizioni religiose. Il dialogo interreligioso analizzato da un punto di vista teologico può essere ricondotto a tre modelli principali: apologetico-missionario, etico, spirituale-mistico. Va da sé che tale schematizzazione non è l'unica possibile, tuttavia essa sembra utile per rendere il discorso più chiaro possibile. Naturalmente di fronte a questi modelli di dialogo realizzati con maggior o minor successo si pongono situazioni (purtroppo sempre più frequenti) in cui il dialogo è sopraffatto dalla prevaricazione e dalla violenza. Va da sé che qualunque forma di dialogo interreligioso, anche la più problematica teologicamente, è sempre migliore della mancanza di dialogo e della prevaricazione.

Nel modello apologetico-missionario il dialogo assume il ruolo puramente strumentale. Nel confronto con l'altro l'obiettivo principale del colloquio è prima di tutto di dimostrare che il messaggio cristiano contiene la totalità della verità. Il secondo obiettivo che ne consegue è di convincere l'altro ad abbracciare in maniera incondizionata la verità cristiana. In questo modello riscontriamo l'assolutizzazione della dottrina cristiana, intesa prima di tutto come un insieme di proposizioni derivanti direttamente dalla Scrittura. Talvolta questo approccio viene valutato come limitato e limitante per il dialogo interreligioso. Bisogna ammettere tuttavia che si tratta di un modello che rinforza lo slancio missionario di tante persone che credono nella necessità di annunciare l'evangelo "a tutti i popoli". Nell'ambito del dialogo interreligioso vero e proprio bisogna tuttavia avvertire del proprio proposito missionario il o i partner. Se tale premessa non viene esplicitata, si rischia di creare situazioni piuttosto ambigue.

Una valida alternativa al primo modello è il cosiddetto "ethos mondiale" (Weltethos). Il più autorevole teorico di tale approccio è indubbiamente Hans Küng. È un modello che ha raggiunto oggi un notevole livello di consenso, ufficialmente certificato dal Parlamento mondiale delle religioni. Si tratta anche di un modello che spesso viene utilizzato non solo nell'ambito del dialogo interreligioso vero e proprio, ma anche nei dialoghi che diversi stati del mondo conducono con le confessioni religiose presenti sui loro territori. Indubbiamente in questo ambito specifico soltanto obiettivi di carattere etico e giuridico possono essere presi in considerazione se si vuole salvaguardare pienamente la neutralità degli stati moderni nei confronti delle confessioni religiose.

Nel modello spirituale-mistico le categorie etiche e giuridiche cedono posto a quelle dell'esperienza, sia individuale, sia collettiva. La dimensione dialogica si colloca qui non tanto nella contingenza quanto nella trascendenza. L'unica teologia ammessa quella apofatica; tutte le altre forme del pensare teologico sono soggette a una critica abbastanza forte anche se di carattere più implicito che esplicito. È una via affascinante che si presta però a qualche scorciatoia non priva di rischi.

Fuori di ogni ragionevole dubbio, tutti e tre i modelli appena descritti sono destinati ad avere una vita lunga e con ogni probabilità il loro utilizzo porterà frutti tutt'altro che trascurabili. Tuttavia ogni dialogo che sia veramente tale richiede l'osservanza di tre brevissime regole. La prima è che le persone dialoganti conoscano perfettamente le proprie posizioni dottrinali, morali e rituali. La seconda è che siano in grado di esporle chiaramente e pienamente al partner del dialogo. La terza è che le parti dialoganti siano pronte a rivedere e a rielaborare le proprie posizioni in base alle cose condivise nel corso del dialogo.

Queste tre regole costituiscono al tempo stesso i tre compiti della teologia evangelica: definire i contenuti della dottrina, elaborare strumenti linguistici e concettuali capaci di comunicarla agli altri; rivedere criticamente le proprie affermazioni alla luce dei dialoghi con religioni non cristiane. In questo compito è assolutamente necessario un approccio interdisciplinare affinché la confessione della fede cristiana possa essere pronunciata con maggiore convinzione ma anche con maggiore apertura alle altre fedi viventi.