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di Roberto Davide Papini

tempio valdese di Perrero

Le nuove sfide della chiesa valdese di  Perrero 150 anni dopo l'inaugurazione del tempio.

«Come 150 anni fa venne raccolta la sfida di installarsi al centro della presenza cattolica del tempo, oggi si tratta di accettare la sfida di ripensare la nostra presenza evangelica e di aprirci al dialogo verso le altre culture».

Come spiega bene il pastore Mauro Pons, il 150° anniversario dalla inaugurazione del tempio valdese di Perrero (in Val Germanasca) non sarà solo un momento di celebrazione storica del passato, ma anche un’occasione di riflessione sulle prospettive del presente e, soprattutto, del futuro.

Nel complesso, la celebrazione di questo anniversario sarà abbastanza sobria: domenica 9 ottobre si terrà un culto di ringraziamento (al quale parteciperà anche il moderatore della Tavola valdese, Eugenio Bernardini) che coinciderà con l’inizio delle attività di tre comunità: Perrero-Maniglia, Villasecca e Massello.

Dopo il culto ci sarà un pranzo comunitario, poi dalle 16 un concerto della Corale della comunità di Perrero con i bambini della scuola domenicale. I brani eseguiti saranno intervallati da rappresentazioni su piccoli aneddoti e storie dell’epoca della nascita del tempio da parte di Gloria Rostaing.

L’anniversario, come detto, rappresenta anche un’occasione per guardare al futuro, partendo da un parallelo interessante che viene proposto dal pastore Pons sulla fase storica della costruzione del tempio e quella attuale.

«Il tempio di Perrero viene costruito in tempi in cui si riorganizza la struttura delle vecchie comunità valdesi in rapporto ai cambiamenti economico sociali che permettono alle famiglie valdesi di inserirsi all’interno di un tessuto che era stato loro vietato dal 1561 con il Trattato di Cavour».

Insomma, dopo le “Lettere patenti“ di Carlo Alberto del 1848, c’è la possibilità di lasciare il "ghetto" e di scendere più a valle...
«Esatto e, infatti, viene costruito un tempio e viene creata una comunità in un territorio allora in piena zona cattolica».

E il parallelo con oggi? Dov’è?
«Oggi, come chiesa di Perrero e anche come chiese della Media-Alta Val Germanasca, siamo chiamati a ridisegnare i confini di fronte allo spopolamento della Valle, ma dobbiamo farlo in modo da rilanciare e riqualificare la nostra presenza evangelica».

In fondo, allora c’era una situazione nuova in una fase espansiva, in un certo senso. Oggi invece si tratta di farlo in un contesto opposto...
«In un certo senso sì, ma è per questo che abbiamo l’occasione di ripensare il nostro essere chiesa, come una comunità che preserva l’identità e la memoria, ma che cerca anche di aprirsi al nuovo. Oltretutto, se da un lato abbiamo lo spopolamento perché, a causa della crisi, in tanti vanno a cercare lavoro altrove e sono molti i giovani che vanno all’estero, dall’altra parte dobbiamo cercare di aprire un dialogo con le persone legate al fenomeno dell’immigrazione (soprattutto polacche e romene) che si sono installate qua e questo apre interessanti frontiere anche interconfessionali».

Torniamo a 150 anni fa: la decisione di aprire un tempio a Perrero come fu vissuta nel mondo valdese?
«Come in tutte le cose ci furono resistenze e degli slanci di generosità»

Per esempio?
«La vecchia parrocchia di Maniglia si rifiutò di far parte della nuova parrocchia di Perrero e preferì mantenere la relazione con Massello. D’altro canto all’interno di questa nuova parrocchia ci fu l’influenza di giovani affascinati dalla predicazione del gruppo del risveglio di Luserna San Giovanni».

E la Tavola valdese?
«Si impegnò molto per garantire una presenza valdese, fece un grande sforzo economico, organizzò iniziative di evangelizzazione. La cosa sorprendente è che neppure la Tavola riuscì a capire l’enorme interesse che questa operazione aveva suscitato all’estero. Furono raccolti moltissimi soldi dall’estero e anche grazie a questo il tempio venne fatto in pochissimo tempo, in pratica esisteva il tempio prima della comunità».