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di Giorgio Tourn

Colloquio con la vice moderatore Carola Tron
Carola Tron, vice moderador della Mesa Valdense (foto Riforma/Romeo)

Quest’anno i valdesi sudamericani del Rio de la Plata erano rappresentati alla sessione sinodale dalla vice moderatore della Mesa (la Tavola di quell’area), pastora Carola Tron. Al termine dei lavori abbiamo fatto con lei una ricognizione sulla situazione delle nostre chiese, sui problemi che stanno loro di fronte, e le loro relazioni. A fornire la traccia della riflessione comune è stata un’immagine molto evocativa, suggerita dalla nostra sorella: quando si pensa alle nostre due realtà ecclesiastiche, quella europea e quella sudamericana (non si può parlare di due chiese essendo una realtà unica), quella che si presenta subito alla mente è la situazione di due fratelli che a distanza seguono i loro percorsi molto simili ma diversi.

Per lungo tempo le chiese europee sono state il fratello maggiore che le americane guardavano con il rispetto e l’ammirazione del fratello minore; col passare del tempo sono però cresciute e ora la distanza non è più quella di allora, fra un adulto e un adolescente, ora sono adulte entrambe.

Come accade per i fratelli che vivono a distanza le diverse esperienze creano differenze di lettura di sé e delle situazioni: mentre l’Italia viveva la tragedia della guerra, l’Uruguay e l’Argentina godevano di un periodo di benessere, e mentre quelle attraversavano gli anni della dittatura noi realizzavamo la nostra democrazia.

Queste diverse esperienze hanno reso più complessi i rapporti, forse creato silenzi, qualche distanza ma non hanno condotto però ad una divaricazione fra le nostre chiese. Le relazioni, anche quella fra parenti, non sono un dato di fatto garantito, stabile, ma richiedono attenzione e vanno perciò curate anche quelle fra i due fratelli della famiglia valdese, l’italiano e il rioplatense, la fratellanza va ricreata ad ogni generazione. Alla divergenza, che inevitabilmente viene creata dalla situazione storica contingente, occorre reagire con una azione per intensificare le relazioni, il mettere in comune esperienze e doni.

Molte iniziative avviate negli ultimi anni, scambi pastorali, interventi dell’otto per mille, sono perciò da leggersi in ottica positiva, anche secondo la nostra sorella Tron che ritiene però non meno importante rafforzare la collaborazione fra i due “fratelli” a livello istituzionale. Gli scambi, le relazioni di tipo personale, hanno grande valore ma occorre forse fare un passo innanzi nella riflessione dell’identità comune da rafforzare e definire.
Realtà fondamentale resta il patrimonio comune di una identità composita di storia, fede, carattere, un’aria di famiglia che ci accomuna e colloca in una situazione molto particolare nel mondo ecumenico.

A rappresentare la Chiesa valdese nell’organismo internazionale delle Chiese riformate (l’Alleanza riformata mondiale ora Comunione Mondiale delle Chiese Riformate) è stato in passato il pastore Claudio Pasquet dell’area europea, ora è lei, Carola Tron. Alla nostra domanda:«Chi si sente di rappresentare? » ha risposto naturalmente «il Sud America»ma riflettendo abbiamo convenuto che rappresentando anche la Chiesa valdese, in qualche misura veniva aggiunta alla sua appartenenza geografica anche l’identità valdese che la rende diversa da un altro credente sudamericano.

Non è un caso che nella programmazione delle manifestazioni previste nel 2017 per il centenario della Riforma venga previsto, nella mostra evocativa, una sezione importante dedicata ai precursori della Riforma, e fra quelli naturalmente i valdesi; senza voler abusare della locuzione classica Mater reformationis, madre della Riforma, il fatto è significativo.

Merita riflettere su questo fatto: così come l’essere valdese “deamericanizza” in qualche misura la nostra rappresentante sud americana, la colloca in uno spazio confessionale più ampio, così de-italianizza anche tutte le nostre rappresentanze ecumeniche.

L’ultima parte della nostra riflessione è dedicata invece ai problemi della vita e della testimonianza delle chiese sudamericane. Comuni a quelli dell’area europea sono naturalmente quelli determinati dalla globalizzazione economica e culturale odierna: difficoltà finanziarie, lacerazione dei tessuti comunitari, secolarizzazione. Molto coraggiosamente la vice moderatore pone il problema in termini di rifondazione della presenza evangelica nella sua area. Rifondazione nel senso di creare, sulla base di un nuova riflessione teologica, una nuova comunità che risponda alle esigenze del tempo presente.
Posizione coraggiosa che si trova posta a confronto con il diffondersi oramai generale nell’area sudamericana della “teologia della prosperità”, quella spiritualità di tipo carismatico miracolistico che vede nella benedizione divina, intesa in termini di concretezza materiale, la risposta alla propria fede.

29 agosto 2014