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di Emanuele Fiume

Gesù Cristo dice: «Beati i mendicanti in quanto allo spirito, perché di essi è il regno dei cieli

La prima parola di Gesù è una parola di beatitudine. “Beati” o “felici”. È una dichiarazione. Il Sermone sul monte non comincia con un elenco di doveri, ma come una dichiarazione di felicità. Felici! Adesso! Non domani. Non in paradiso, non nella società giusta. Felici! Adesso! Non è un auspicio, e nemmeno una promessa. È una rivelazione dell’esistente. Felici! Felici chi?

I “poveri” sarebbero i mendicanti, quelli piegati. La parola greca deriva dal verbo “mendicare”, cioè quelli che sono costretti a rivelare il loro stato di umiltà e ad implorare. Questa è la condizione essenziale per ricevere la rivelazione della beatitudine presente. Non sono quelli che cercano Gesù quelli che portano avanti una riflessione. Sono quelli che non possono fare altro che guardare alla terra, alla loro condizione, e tendere la mano verso l’alto.

Il cristianesimo è sempre affascinato dalla povertà. Migliaia di credenti nella Storia hanno fatto un voto o una scelta di povertà, talvolta assoluta e radicale. Ma solo questa povertà di cui parla Gesù, la povertà della prima beatitudine, è la più reale delle povertà, e la povertà è una condizione, non una scelta. Se scegli, vuol dire che hai la possibilità di scegliere, e se hai la possibilità, hai qualcosa, quindi non sei povero.

I poveri di cui parla Gesù e a cui parla Gesù sono i suoi discepoli. Che non hanno scelto, ma sono stati scelti. Alcuni maestri pretendevano una dedizione assoluta, promettendo un percorso di sapienza che avrebbe dato ai discepoli guadagno e prestigio sociale. E i discepoli di Gesù? Il loro maestro sarebbe stato arrestato e condannato a morte. Loro, i discepoli, si sarebbero nascosti come dei ricercati. Non avevano altro o altri che Gesù, che aveva determinato la loro condizione, così profondamente da essere il più povero di loro, lo sconfitto che li aveva trascinati nella sconfitta. Il Cristo sulla croce sarà il punto più basso della povertà dei discepoli.

“Perché di essi è il regno dei cieli”. Questa è la rivelazione inauditamente autentica: il regno dei cieli è lì dove nessuno lo cercherebbe, ed è di chi non ha veramente nulla. Non sarà. È! Perdi tutto in Cristo, finché pensi di avere perso anche lui. Il tuo sentiero? Si interrompe davanti alla tomba di Gesù. Questa è la tua condizione di discepolo di Gesù, la porta stretta, strettissima, attraverso la quale non puoi portare nulla, né la sicurezza di quello che sai, né il lusso del dubbio, e nemmeno le speranze che avevi. Ed è soltanto così che il regno dei cieli ti appartiene. È nel Cristo a terra che il regno dei cieli è tuo. E subito dopo la fine, si manifestano la vita eterna e il regno dei cieli. Si manifestano realmente in Cristo, ma si manifestano per te. Il Risorto tocca i suoi discepoli, e sta con loro.

Questo è il regno dei cieli dei mendicanti in quanto allo spirito. La beatitudine presente, in cui abbiamo tutto senza avere davvero niente altro. Quel regno dei cieli che trovi solo in basso. Molto in basso.