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di Nicola Tedoldi

«Quando il padrone di Giuseppe udì le parole di sua moglie che gli diceva: "Il tuo servo mi ha fatto questo!" si accese d’ira. Il padrone di Giuseppe lo prese e lo mise nella prigione, nel luogo dove si tenevano chiusi i carcerati del re. Egli era dunque là in quella prigione»

Ecco il carcere nel suo essere “strumento di ingiustizia” a causa della malvagità umana. In Italia negli ultimi 25 anni quasi 30.000 persone sono state ingiustamente carcerate per colpe mai commesse. Ci fa riflettere il testo di Genesi, dove si racconta della detenzione di Giuseppe, condannato per un presunto reato di violenza sessuale in realtà non commesso.

Tutto parte dalla rabbia di una donna che, invaghita del bel Giuseppe e non corrisposta, vuole punire la sua fedeltà verso il padrone e la resistenza alle sue grazie, denunciandolo per una violenza mai subita, servendosi come corpo del reato di una veste strappata al giovane che cercava di sfuggire alla sua presa.
E da innocente e fedele servitore, Giuseppe viene trasformato in violento e traditore. Di uomini e donne che hanno subito la sorte di Giuseppe, la cronaca ci parla con un ritmo incessante. I loro accusatori, per motivi diversi, ma tutti legati alla malvagità umana, trovano in una qualsiasi accusa che può portare al carcere, la giusta punizione per placare la loro sete di vendetta.

La Scrittura ci dice che «il Signore fu con Giuseppe e gli mostrò il suo favore». Preghiamo che il Signore sia con tutti coloro che si trovano in carcere ingiustamente, per coloro che sono vittime di errori giudiziari. Preghiamo per i loro carnefici e per coloro che per leggerezza o ignoranza non sono stati in grado di fare corrette valutazioni.