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di Jens Hansen

«Io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che deve essere manifestata a nostro riguardo»

A prima vista questo versetto sembra solo una consolazione per l'aldilà: “a chi interessa quanto sia difficile questa vita se il fattore decisivo ha ancora da venire? Non importa se c'è giustizia in questo mondo o no. Nella gloria eterna, gli svantaggiati arriveranno ai loro diritti.”

Il contesto generale, però, pone questo versetto in una luce diversa. Infatti, il capitolo 8 che conclude le lunghe riflessioni di Paolo sull’amore incondizionato di Dio, gira tutto attorno l’invincibile amore di Dio che include anche l’intera creazione: L'intera creazione è in travaglio per la sua fragilità (versetto 22). Ma lei, cioè la creazione, non si adatta alla sua sofferenza non aspetta l’aldilà, attende qui ed oggi con impazienza la liberazione dalla sofferenza e dalla morte.

Per Paolo, l'umanità si trova quindi in una comunione di sofferenza con tutte le altre creature, perché le nostre speranze da credenti sono per tutta la creazione, la speranza che l’amore di Dio è più forte di tutte le sofferenze. Noi e la creazione ci troviamo su un percorso di liberazione.

La forza per avere questa speranza, Paolo la prende dalla certezza che il gemito della creazione trova ascolto da Dio. Il gemito della Creazione trova ascolto da Dio. Lo sentiamo anche noi? Ci comportiamo di conseguenza? Facciamo nostro il suo gemito cercando di alleviare il dolore testimoniando così il Dio d’amore?