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di Jens Hansen

«Quest'uomo sia messo a morte, poiché rende fiacche le mani degli uomini di guerra, che rimangono in questa città, e le mani di tutto il popolo, tenendo loro tali discorsi; quest'uomo non cerca il bene, ma il male di questo popolo».

Siamo nel 586 a. C. I Babilonesi stanno assediando Gerusalemme. Il profeta Geremia interpreta e annuncia questo assedio come punizione divina. Secondo il profeta, l’unica via di uscita è arrendersi. Perciò viene messo in prigione. Alla fine quattro ufficiali del Re chiedono permesso di poter fare fuori Geremia. Lo buttano nel fango di una cisterna. Ma un cortigiano straniero, l’Etiope Ebed-Melech, chiede pietà al re e libera il profeta.

Anche oggi, basta uno sguardo sul sito di Amnesty international, ci sono persone processate o uccise solo perché invitano a non prendere parte delle guerre in atto. Spesso si tratta di giornalisti o blogger. Succede anche nelle zone di conflitto in Europa.

Gesù dice: Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio – e prende così, in piena tradizione profetica del suo popolo, parte per chi si oppone alla logica della violenza. Gesù però va oltre, perché Gesù non è semplicemente un predicatore di pace, Egli è la pace, egli apre gli orizzonti, ed ecco, la pace può prendere il sopravvento.

Per i credenti significa: stiamo su un fondamento solido. In mezzo ad un mondo che ritorna a spendere cifre da capogiro per macchinari di guerra, abbiamo una fonte di forza che dona coraggio di essere contro corrente.