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di Giuseppe Platone

«Dio il Signore piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi pose l'uomo che aveva formato. Dio il Signore fece spuntare dal suolo ogni sorta d'alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali l'albero della vita in mezzo al giardino...» (Genesi 2,8-9)

Il duplice affresco che apre la Bibbia illustra la creazione mettendo in relazione forti contrasti: caos e ordine, luce e tenebre, acqua e terra, lavoro e riposo... Il nuovo  mosaico della creazione che affiora dal caos primordiale si compone sulla spinta della stessa parola creatrice: «Dio disse» ritma per ben dieci volte il procedere della nuova, armoniosa organizzazione del creato. Capace di accostare le diversità, gli opposti.

Il giardino è l’immagine più bella di questa nuova armonia che sostituisce il caos primordiale. Entro tale giardino il Creatore pone l’uomo, maschio e femmina; e, tra gli alberi, anche l’albero della vita. Il poema teologico ci dice che Dio, una volta terminata la sua opera grandiosa, osservando le realtà da lui creata vide come tutto fosse molto buono. E finalmente si riposò.

Ma l’equilibrio delle origini verrà presto sconvolto dalla stessa presenza umana, pronta ben presto a sforare i limiti che le erano stati posti. Un delirio di onnipotenza che toccherà il suo vertice nell’uccisione di Abele da parte di Caino. L’arroganza schiaccia la mitezza. L’armato si scaglia contro il disarmato.

Quel radicale disequilibrio diventerà preludio di tanti altri che esploderanno ogniqualvolta gli opposti cesseranno di convivere e inizieranno a scontrarsi, creando a loro volta nuove, devastanti conflittualità. Anche l’equilibrio del giardino verrà sconvolto. L’uomo, che doveva semplicemente «coltivarlo e custodirlo», finirà per sfruttarlo, impoverendolo.

Gli esiti di quello squilibrio oggi li abbiamo sotto gli occhi. L’albero della vita nelle narrazioni bibliche resiste, testimone silenzioso di un paradiso perduto. Lo ritroviamo nell’ultima pagina della Bibbia (Apocalisse 22, 2). Questa volta l’albero non è più nel giardino che rappresentava l’equilibrio della creazione ma nella piazza della città.

Sono passati i millenni, l’uomo ha trasformato (e spesso devastato) la creazione e ha costruito le sue città. L’albero è lì, nel cuore della città, a ricordare che non è l’uomo al centro né del creato né della sua creazione urbana. Centrale è il giardino con tutti i suoi esseri viventi, le sue piante, i suoi corsi d’acqua. «La guarigione delle nazioni» (Apocalisse 22,3) inizia  quando il legame con la terra, i suoi frutti e gli esseri viventi, cessa di essere predatorio ma si apre alla riconoscenza e alla cura dell’ambiente che ci circonda.