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di Anne Zell

«Andate per le strade e invitate al banchetto tutti quelli che trovate

Questa è l’indicazione che viene data ai servi, dopo che gli originalmente invitati al banchetto di nozze hanno declinato l’invito.
La parabola del banchetto di nozze, parabola sul Regno di Dio, inizia con l’invito agli invitati da parte del Re di recarsi alla festa di nozze per il figlio, perché tutto è pronto. Gli invitati però non vengono, neanche al ripetuto e insistente invito. Gli invitati non si scusano, anzi, ignorano l’invito o trattano addirittura con violenza i messaggeri del Re. (Matteo 22, 1-14)

I primi invitati si sono così esclusi loro stessi - e ora altri sorprendentemente vengono dichiarati degni dell’invito.
Chi sono? Nella versione del vangelo di Luca viene specificato che l’invito ora è rivolto ai poveri, ai malmenati, ai più miseri, a coloro, che solitamente non sono considerati. In Matteo invece l’invito è incondizionato e universale: “tutti quelli che trovate”. Di conseguenza vengono invitati dai servi “buoni e cattivi” ugualmente e la sala si riempie.

Matteo così dà al messaggio evangelico un’accentuazione diversa: l’invito alla festa non è esclusivo, ma è rivolto a tutti e tutte senza alcuna distinzione e senza nessun criterio “moralista”.
Ciò corrisponde al messaggio e alla prassi di Gesù, che continuamente dai cosidetti “buoni” viene accusato di stare con chi invece sarebbe da giudicare male e da escludere.

I servi nella parabola perciò non sono autorizzati a compiere una scelta o a giudicare chi è da invitare e chi invece non è degno. Il loro compito è di essere messaggeri dell’invito al banchetto per tutti e tutte, senza stabilire dei criteri per l’ingresso. Il Re apre le porte della sala della festa per tutti e tutte.

Anche nelle nostre chiese oggi non dovremo tentare di fare delle distinzioni, di voler stabilire dei criteri, moralisti o di appartenenza culturale o di genere ecc. Né come “servi”, né, come invitati e partecipanti alla festa, possiamo dire di un altro o un’altra che non è degno/a di entrare e di partecipare. Non è questo, grazie a Dio, il nostro compito; invece siamo chiamati a spalancare le porte, a invitare “chi troviamo”.