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di Daniele Garrone

«Quanto a me, il mio bene è la vicinanza di Dio; ho cercato nel Signore il mio rifugio

La maggior parte delle traduzioni bibliche rendono l’espressione “vicinanza di Dio” che leggiamo nel testo originale ebraico con “stare vicino a Dio”, “stare unito a Dio”, “accostarmi a Dio”. Non è errato: la frase che segue ci dice che chi prega cerca in Dio il suo rifugio, va verso di lui in attesa di sostegno e di sicurezza. 

Il salmo 73 descrive un vero e proprio itinerario, assai tormentato. Parla qualcuno che è entrato in crisi: la sua esperienza sembra negare che la vita e il mondo siano nella mani di Dio. Chi parla sta per gettare la spugna, per arrendersi alla realtà del mondo così com’è; non è del tutto convinto, ma certamente vinto da quello che sembra scalzare la sua fede. Ma fa una scoperta inattesa: Dio lo ha preso per mano, lo tiene con sé. Ma non basta: sente che questo essere stato trovato nel suo smarrimento, afferrato nel suo precipitare verso il fondo, addirittura ricevuto da Dio nella sua gloria è qualcosa di così concreto e vero che neppure la morte lo potrà vanificare. Non sa in che modo, ma sente che è così: se Dio si fa vicino fino ad afferrare te, proprio tu che stavi allontanandoti per sempre, non mollerà più la presa, se così possiamo dire. 

Per questo, teniamo cara la frase “vicinanza” di Dio: è al Dio che si fa vicino persino a chi dubita di lui e sta per arrendersi al mondo così com’è che noi possiamo avvicinarci in cerca di rifugio, nella nostra vita e oltre.