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di Erika Tomassone

«Nessuno che abbia messo mano all’aratro e poi volga lo sguardo indietro è adatto al regno di Dio»

Seguire Gesù è iniziare una vita nuova, è come partire per un viaggio. Per i discepoli di Gesù questa era un’esperienza concreta: il maestro era itinerante, seguirlo significava letteralmente abbandonare le proprie occupazioni, la propria famiglia e andare dietro di lui per le strade della Palestina.
La chiamata alla fede nel Dio di Gesù Cristo, mette su una via, è percorrere una via, appartenere al regno di Dio, inteso come la nuova era inaugurata dalla predicazione di Gesù. Non è semplicemente una spiegazione del mondo o un insieme di credenze. E’ una nuova via che il discepolo percorre, che trasforma le sue priorità, una specie di sequestro di tutta la persona, al servizio e sulla strada del regno di Dio.

Luca mantiene questo racconto sull’itineranza del discepolo in un’epoca in cui il cristianesimo si fa stanziale, presente in luoghi di dimora stabile. Intende così mantenere la radicalità della esigenza del regno. C’è un prima e un dopo, c’è una vecchia vita e c’è una vita nuova. Essere cristiani significa percorrere la via senza venire continuamente a patti con il luogo noto e familiare da cui si proviene e seguire la promessa di Dio in Gesù Cristo.

Nella Bibbia volgersi indietro, è un’azione che mette a repentaglio la fede nel Dio che ti ha offerto una nuova possibilità di vita: è la nostalgia di ritornare nell’Egitto, la terra della schiavitù. Guardare avanti e non indietro, andare avanti e non ritornare sui propri passi, non ha a che fare con un’esigenza di aggiornamento che ha a che fare con il mutamento del mondo. Si guarda avanti alla promessa di Dio che ancora deve compiersi, si guarda avanti al cammino ancora da percorrere.