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di Eleonora Natoli

«Gesù le rispose: “Chiunque beve di quest’acqua avrà sete di nuovo; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna.” La donna gli disse: “Signore, dammi di quest’acqua, affinché io non abbia più sete e non venga più fin qui ad attingere”»

La vita di ciascuna e di ciascuno di noi, come quella della samaritana, rischia di essere rinchiusa nella necessità del gesto quotidiano, compito ineludibile. La donna avverte che la sua vita è tutta lì, circoscritta alla fatica del gesto ripetuto: una ripetizione  che non lascia spazio ad altro, perché l’impegno per la sopravvivenza assorbe tutte le energie che possiede. Inconsapevolmente la samaritana sta però chiedendo a Gesù molto di più: la vita come routine ha un senso? L’acqua che Gesù offre alla samaritana, liberandola così dal vincolo del gesto ripetuto che rischia di diventare l’unico significato della vita della donna, porta con sé un nuovo senso, più profondo e duraturo che il dono dello Spirito è in grado di offrire a ciascuno e ciascuno di noi se la fede è in grado di assaporare la dolcezza di quest’acqua nuova. Il vangelo, in ogni sua pagina, ci invita proprio a fare questo: accogliere la parola del Signore e, attraverso questa, imparare e sentire nel nostro cuore che la vita ha un significato che va oltre il senso delle nostre giornate, o anche che le nostre giornate hanno un significato più ampio di quello noi riusciamo a dare loro.

Il dono dello Spirito non elimina la necessità di andare al pozzo per poter avere l’acqua necessaria alla sopravvivenza, ma ci regala la meravigliosa consapevolezza che oltre a quell’acqua possiamo disporre, per fede, di un’acqua che ci conduce, con la sua fresca e limpida corrente, al cospetto del nostro Dio.