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di Paolo Ribet

«Dov’è lo Spirito del Signore, lì c’è libertà». 

Più ci penso e più me ne convinco: la ricorrenza del XVII Febbraio non può esse considerata semplicemente la “festa dei Valdesi” o degli Evangelici italiani. Certo, il 17 Febbraio del 1848 il re Carlo Alberto ha firmato le Lettere Patenti con cui venivano concessi i diritti civili ai Valdesi (e, qualche tempo dopo, anche agli Ebrei), perché a quel tempo erano loro praticamente gli unici cristiani non cattolici presenti nel Regno - e da quel momento in poi è iniziata la predicazione evangelica dapprima in Piemonte e poi in tutto il Paese fino alla Sicilia.

Ma il valore di quell’atto va al di là delle sole vicende valdesi e riguarda l’Italia intera. Infatti, quando un popolo impone ad una sua componente minoritaria dei limiti, delle restrizioni alla libertà e chiude i cancelli dei ghetti (di qualunque tipo essi siano: fisici, morali o legali), chiude di fatto se stesso in una gabbia fatta di paure, di preconcetti, di oscurantismi e di violenza.

Le Lettere Patenti sciolsero le catene mentali dell’Italia, perché nessuno è libero, in una nazione, se non sono liberi tutti, se ci sono cittadini di serie A e cittadini di serie B. 

Tanto più forte deve quindi risuonare la voce della predicazione dei cristiani quanto più vediamo montare intorno a noi la tentazione di rialzare i muri, restaurare i ghetti, separare le persone in base alla nazionalità o al colore della pelle. Viviamo certamente dei tempi difficili (anche se ce ne sono stati di peggiori - e i più anziani tra di noi se li ricordano); questi fatti non devono però consentire che noi cediamo la nostra libertà, fisica e spirituale, rendendola schiava della paura.

Se siamo figli dello Spirito del Signore, siamo anche liberi e portatori di libertà.