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di Stefano D'Amore

«Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Osservate come l'agricoltore aspetta il frutto prezioso della terra pazientando, finché esso abbia ricevuto la pioggia della prima e dell'ultima stagione. Siate pazienti anche voi; fortificate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina

Aspettare ed essere pazienti. Attenzione però: Giacomo non invita a “portare pazienza”, a stringere i denti, ad aspettare che le cose passino da sole. Chiede invece una capacità molto più alta. Il termine greco significa “tenacia”, la capacità di vivere con il “respiro lungo”, in una prospettiva che va oltre l’immediato. C’è differenza tra aspettare e attendere. L’invito è ad un’attesa che viene dalla fede e che spinge non a stare fermo ma ad agire, a costruire e a lottare; a farlo con fiducia e convinzione, senza gettare la spugna, senza s-pazientarsi.

Non è semplice e non ci sono ricette, ma ci aiuta l’immagine dell’agricoltore. Egli lavora in vista della primavera. Ha una capacità, un grande dono, quello di vedere ciò che non c’è ancora, immaginare il frutto che arriverà, sapere attendere con fiducia e operosità. Anche nelle cose che non dipendono da lui, l’agricoltore “pazienta”. Ci offre un esempio da poter affiancare e paragonare al nostro modo di aspettare la venuta di Gesù e di sperare nel Regno di Dio che viene. L’attesa del Natale non è che un paradigma, un esempio di ciò che sempre dovremmo fare: credere e aspettare Cristo che viene ad incontrarci, che viene a scombussolarci e a liberarci; che viene a nascere in mezzo a noi, in questo mondo, di nuovo ogni anno, ogni giorno.

L’attesa attiva di questo agricoltore ci ricorda che anche noi in un ramo che sembra secco possiamo essere in grado di riconoscere il nutrimento di un nuovo germoglio. Che il Signore ci aiuti in questa ricerca non facile di vivere pienamente e di apprezzare l’aspra beatitudine dell’attesa.