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di Marco Di Pasquale

«Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca; ma se ne avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a chi l’ascolta».

Quattro anni fa, uscì un breve saggio dell’intelletuale francese Emmanuel Jaffelin: Petit éloge de la gentillesse (Piccolo elogio della gentilezza), che ebbe da subito una sorprendente diffusione in tutto l’ambito francofono europeo. Si trattava di una sintetica ma intensa riflessione filosofica sulla “gentilezza”, «vitù minore» – come la definisce l’autore – capace però di fondare una morale più accessibile rispetto a quella della “santità”, definita nel pensiero comune da parametri forse troppo esigenti. «Senza fare di noi dei Gesù o dei supereroi» scrive l’autore, la gentilezza «ha il potere di elevarci un po’, di renderci più nobili, con piccolo sforzo». Non solo, ma con il suo carattere disinteressato, avrebbe il vantaggio di sfuggire a ogni tentativo di strumentalizzazione o commercializzazione, cioè di un suo utilizzo per l’acquisizione di meriti sociali o spirituali: è una virtù troppo “debole” per meritare una medaglia al valore o un “posto in Paradiso”, e tuttavia è essenziale alla buona convivenza civile.

L’apostolo Paolo pare dar forza a queste affermazioni. Non solo il versetto a cui si riferisce questa meditazione, ma tutta la parte dell’Epistola agli Efesini nella quale esso si trova sono una esortazione a mettere in atto, nel vivere con gli altri, comportamenti che oggi definiremmo appunto gentili, cioè civili, rispettosi del prossimo, fondamentalmente benevoli e premurosi verso di lui. Non sono regole religiose, comandate da Dio: non è la Legge di Mosè. Si tratta invece di precetti “laici” di buon senso, che alleviano però non poco l’ardua fatica della convivenza sociale, riducono le occasioni di conflitto e di astio, arrivando a testimoniare, anche attraverso persone semplici e umili, di un più alto fondamento spirituale. La gentilezza, sembra dirci Paolo, può essere già una forma implicita di predicazione dell’evangelo: la predicazione della Parola ha sovente bisogno, nelle situazioni quotidiane, di una «buona parola» per giungere a trasmettere all’altro e condividere concretamente con chi ci sta difronte la «grazia» che abbiamo ricevuto in Cristo Gesù.