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di Fulvio Ferrario

«Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene»

Il linguaggio di questo versetto (e, a maggior ragione, quello del testo suggerito per la predicazione nella 22a domenica dopo Pentecoste) pone da duemila anni lo stesso problema: come conciliarlo con la «realtà»? Quest'ultima, a quanto pare, è il regno dei rapporti di forza e spesso della vera e propria violenza. L'evangelo propone, per contro, una sorta di ideale, bello da proclamare, ma praticamente impossibile da vivere. Di qui le due classiche opzioni: quella che vorrebbe essere radicale, e sventola la bandiera dell'ideale, con sovrana indifferenza nei confronti della realtà; e quella, appunto, «realista», che riserva tutt'al più alla domenica il rispetto per queste parole, nella consapevolezza che, durante la settimana, le regole sono altre. Le due possibilità sembrano opposte, ma hanno in comune il punto decisivo, cioè l'idea di realtà: entrambe considerano Cristo e la sua parola come «ideali», mentre la «realtà» sarebbe qualcos'altro.

La Bibbia, invece, ritiene che il «bene» (cioè Gesù Cristo) sia eminentemente reale. Esso è impegnato in uno scontro con ciò che bene non è; chi crede è coinvolto in tale combattimento che, anch'esso, si svolge nella «realtà» (e dove, se no?). Sia il falso radicalismo, sia il falso realismo conducono alla sconfitta dell'evangelo perché, in modi diversi, lo rinchiudono nel mondo della fantasia. La fede, al contrario, è chiamata a combattere per l'evangelo nella realtà. Ciò richiede strategia e tattica, cervello e passione, a volte anche capacità di compromesso, ma vigile coscienza dell'obiettivo. Secondo i racconti biblici, Gesù è più realista dei farisei, dei sadducei, degli erodiani, degli stessi discepoli. Egli ama il mondo, senza idolatrarlo, e sa abitarlo; sa anche che, in esso, vi è una battaglia in corso e l'affronta. A questo punto, poi, l'evangelo osa l'affermazione decisiva:  proprio nel giorno dell'apparente vittoria del «male», Dio si rivela come la realtà più reale, che opera il «bene» sulla croce di Gesù. Il combattimento del quale parla il testo comincia probabilmente da questa domanda: come apparirebbe il mondo, e che cosa sarebbero il «bene», il «male» e la vittoria dell'uno sull'altro, se questa storia dicesse la verità? Più semplicemente: come apparirebbe, in tal caso, la nostra vita?