I link che seguono forniscono la collocazione della pagina attuale nella gerarchia di navigazione.

di Erika Tomassone

«Noè aspettò altri sette giorni, poi mandò fuori la colomba; ma essa non tornò più da lui»

La storia di Noè, storia di scomparsa e sopravvivenza, è diventata simbolo di eventi storici e personali in cui si rischia di venir sommersi e annientati, in cui però qualcuno scampa, fosse la shoah, la catastrofe nucleare o una malattia potenzialmente mortale. Noè, una figura di scampato e sopravvissuto. Eccolo alla fine delle piogge, a scrutare la sua possibilità di vita oltre la catastrofe. Che c’è là fuori? C’è una vita possibile oltre la distesa delle acque portatrici di morte? E’ il momento della colomba solo lei che può volare sulle acque può far sapere agli scampati la buona notizia. E’ il momento dei tentativi, dell’incertezza e della pazienza: circa 54 giorni e tre invii della colomba.

Non basta infatti essere scampati ad un diluvio personale o collettivo, è necessario sapere che c’è ancora un luogo per i giorni a venire, poter sperare. E’ il tempo della prima azione autonoma di Noè: prendere in mano i suoi giorni. La colomba che da la risposta non è però la famosa colomba con il ramo di ulivo, è quella che non torna più. Lei è l’avanguardia della nuova vita sulla terra. Se raffiguriamo in ogni modo quella col ramo d’ulivo è perché da scampati è ciò che rappresenta al meglio che davanti a noi, per quanto non ancora realizzata o realizzabile nell’immediato, c’è una possibilità di vita. Ma aspettiamo di non vedere più alcuna colomba perché sarà ora di abbandonare la dimora dell’incertezza sospesa tra le acque, per raccogliere un’altra possibilità.