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di Maria Bonafede

Arcangelo Pino (foto Riforma)

Ricordo Arcangelo Pino come un uomo mite, semplice, gentile. Un uomo all’antica, senza pretese, che prendeva sul serio il suo ruolo di pastore e del gregge si prendeva cura affettuosamente cercando di capire e di entrare in rapporto con ciascuna delle sue pecorelle. La comunità ricambiava con affetto e simpatia la sua cura. Diverse sorelle e fratelli della chiesa metodista di Terni lo hanno testimoniato con la presenza commossa e grata e piena di ricordi al suo funerale celebrato nella chiesa metodista di Roma, come egli aveva chiesto.

L’avevo conosciuto appena quando era pastore a Scicli e io ero capitata in Sicilia con una gita della Facoltà, lo ritrovai quando arrivai a Roma nell’88 e lui arrivava a Terni.

Arcangelo Pino era diventato pastore metodista all’inizio degli anni ‘70, dopo essere stato prete (esperienza condivisa anche da altri colleghi negli anni sessanta). Di lui conosco solo gli ultimi anni di ministero, quelli ternani appunto, nei quali, insieme alla moglie Emola, donna forte e volitiva, era molto impegnato nel settore sociale e anche la piccola chiesa metodista di Terni si impegnava con loro. Si era molto occupato di lotta all’alcolismo non per principio, ma perché aveva incontrato dei giovani vittime di quel problema e di loro si era preso cura facendo anche esperienze personali difficili.

Era conosciuto, Arcangelo, nella città di Terni perché andava nelle scuole, partecipava a ogni lotta sociale di rilievo, impegnava la sua chiesa sui temi etici e parlava di Gesù come il Signore e salvatore di tutti ma partendo dai derelitti, da quelli che avevano smarrito la strada, dai più sofferenti, dai minimi dei minimi.
Siciliano, Arcangelo Pino era stato pastore a Venosa e Rapolla, a Scicli e a Terni.

Era uno che ci teneva ai rapporti umani e io ricordo di aver ricevuto da lui diverse brevi lettere, rigorosamente scritte a mano con una calligrafia impeccabile, nelle quali non mancavano mai i saluti affettuosi per la mia famiglia. Sapeva dare interessamento e conforto e sapeva chiedere aiuto e amicizia. E la chiesa ha saputo apprezzare questo servitore umile e affettuoso.

Tratto da Riforma dell'1 agosto 2014