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di Sabina Baral

Partecipanti al convegno 'La comunicazione religiosa nei media' promosso dalla CEPPLE

Il 14 e 15 aprile, una ventina di operatori della comunicazione provenienti dalle Chiese membro della Conferenza delle Chiese protestanti dei paesi latini d’Europa (CEPPLE) si sono ritrovati a Torre Pellice (TO) per discutere sul tema “La comunicazione religiosa nei media: una questione di cuore o di ragione?”.

La CEPPLE è nata nel 1950 per sostenere i protestanti spagnoli e portoghesi che in quegli anni vivevano una situazione politica difficile; attualmente vi partecipano le chiese protestanti di diverse tradizioni teologiche di Belgio, Spagna, Francia, Portogallo e Svizzera romanda. Per quanto riguarda l’Italia ne fanno parte la Chiesa valdese, l’Opera per le Chiese metodiste (OPCEMI) e l’Unione delle chiese battiste (UCEBI).

La CEPPLE si propone di rappresentare la specificità del protestantesimo latino in diverse istanze internazionali e promuove seminari e incontri nei vari settori del lavoro delle chiese.

L’incontro di quest’anno sulla comunicazione era la seconda tappa di un percorso iniziato a Losanna nel 2015 sul binomio religioni e media. Da parte italiana erano presenti operatori del sito istituzionale della Chiesa valdese, di Riforma (nella sua attuale articolazione in quattro direttrici: settimanale-mensile-portale e newsletter) e dell’agenzia stampa NEV della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (FCEI).

L’incontro, strutturato con relazioni introduttive seguite da dibattito, ha visto una prima parte più tecnica e operativa incentrata sullo scambio di informazioni tra i modi di fare comunicazione nei diversi paesi, con un’analisi dei vari linguaggi e strumenti a disposizione: dalla stampa scritta, radio e tv al web, uno spazio per sua natura più adatto a una comunicazione agile ed informale, aperta a una pluralità di voci. Si è parlato a lungo anche di social network, fondamentali per raggiungere un più vasto pubblico di utenti ma che richiedono un uso appropriato e ben gestito, con un codice deontologico definito.
Il social, se usato bene, può andare oltre il semplice e spesso superficiale slogan e divenire veicolo di contenuti importanti. Le chiese appartenenti alla CEPPLE condividono tutte (tranne quelle svizzere) una situazione di minoranza, anche se i numeri di questo essere minoranza variano a seconda dei diversi paesi. Certamente la chiesa svizzera e quella francese, anche per le loro dimensioni maggiori, sono più strutturate dal punto di vista della comunicazione; Partecipanti al convegno 'La comunicazione religiosa nei media' promosso dalla CEPPLEla Chiesa protestante unita di Francia, ad esempio, dopo l’unione tra riformati e luterani avvenuta nel 2012-2013, sta sperimentando un coordinamento nazionale in questo ambito e che opera in stretta sinergia con la direzione ecclesiastica.

Comune ai diversi paesi è la sfida rappresentata dal cattolicesimo e dalla secolarizzazione che si accompagna a un’ignoranza del fatto religioso da parte degli organi di informazione ufficiali. Diventa pertanto necessario per tutte le chiese distinguere bene tra la propria comunicazione interna e quella rivolta a un pubblico esterno, spesso analfabeta in materia religiosa; rivolgersi ai propri concittadini in maniera chiara senza al contempo tradire la complessità del proprio messaggio e della propria ecclesiologia; imparare a gestire una società e un tipo di giornalismo che cercano il conflitto, le passioni nette e che mal tollerano la complessità e le sfumature (in tema di ecumenismo ma anche per quanto concerne l’etica, la bioetica e il dialogo interreligioso).

Per fare questo serve un’unione di cuore e ragione, tema cruciale dell’incontro. In un tempo in cui si cerca di fare dei propri sentimenti degli idoli di valenza universale, la fiammella della ragione va più che mai salvaguardata. La centralità della parola, cara alla tradizione protestante, non deve venire meno contro ogni fanatismo e irrazionalismo. Al contempo dobbiamo però riconoscere che la sola arma della ragione e della parola non è sufficiente, che spesso con esse mettiamo d’accordo chi è già d’accordo e non favoriamo il dialogo con chi è altro da noi. Parola e ragione, tragicamente, rischiano così di divenire fonte di malintesi e incomprensioni. Allora la sola via perseguibile è quella di un’unione di ragione e sentimento, come avviene nei territori della narrazione, in cui si evitino le polarizzazioni e si favorisca la ricerca dell’unità dell’individuo così come avviene nell’incontro con Cristo, che coinvolge sempre la persona nella sua globalità.

Questi incontri CEPPLE avranno un futuro se sapranno occuparsi sempre più di temi come questi, insomma se sapranno fare teologia. Il pensiero teologico rimane il valore aggiunto forse più importante per chiese di minoranza, spesso povere di risorse umane e finanziarie.

18 aprile 2016