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di Roberto Davide Papini

Il 25 novembre sarà la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Abbiamo chiesto un commento alla pastora Erika Tomassone. L'impegno delle chiese valdesi e metodiste
Le sorelle Mirabal (foto Ansa)

C’è il coraggio delle sorelle Mirabal all’origine della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne istituita dall’Onu nel 1999 e fissata ogni 25 novembre. Coraggiose oppositrici della feroce dittatura di Trujillo nella Repubblica Dominicana, Patria, Minerva e María Teresa, le sorelle Mirabal - le Mariposas (Farfalle), come furono soprannominate - furono bloccate mentre tornavano dal carcere dove erano andate a trovare i mariti e poi torturate, massacrate di botte e strangolate da agenti del regime.

Era il 25 novembre del 1960, così questa data molti anni più tardi è stata scelta per questa giornata di riflessione, denuncia e sensibilizzazione di un fenomeno che, purtroppo, non sembra arrestarsi, in varie realtà, culture, Paesi; in tanti contesti diversi (familiare, lavorativo, politico e via dicendo) in vicende private che non trovano magari cenni nelle cronache o in episodi più eclatanti.

«E’ una giornata di mobilitazione - spiega la pastora valdese Erika Tomassone -, in cui a livello locale in giro per il mondo, vi saranno molteplici iniziative prese da organizzazioni governative e non, laiche o religiose, per sensibilizzare le società più diverse a questa caratterizzazione della violenza che tocca un rapporto umano primario, quello della differenza tra donna e uomo. Quando pensiamo alla violenza oggi forse pensiamo ai conflitti, alle guerre più o meno esplicitamente dichiarate e potremmo pensare che la violenza contro le donne sia solo una “violenza minore”».

Non è così, ovviamente, come sottolinea Tomassone: «In realtà, la violenza contro le donne è uno dei nomi concreti in cui si coniuga la ferocia umana. Concretizzare la ferocia umana, significa anche potersi dare dei mezzi per combatterla. La violenza contro le donne infatti a volte viene taciuta e quasi giustificata o minimizzata, mascherata come se si trattasse di usi, tradizioni, o fosse addirittura provocata dalle donne stesse. La violenza contro le donne è addirittura un’arma utilizzata nelle guerre e nei conflitti per piegare ulteriormente l’avversario, il nemico».

Anche quest’anno non solo le associazioni di donne della società civile, ma anche associazioni che raccolgono donne credenti, si sono mobilitate, come ricorda Tomassone: «Da Nord a Sud, in Italia, le nostre chiese danno concretezza all’atto dell’ultimo sinodo che raccomanda l’attenzione delle chiese nel loro impegno pastorale alla violenza di genere. In alcuni casi si collabora con altre chiese rispecchiando così il documento ecumenico siglato quest’anno. Anche la Diaconia valdese organizza un evento. Lo scopo di queste manifestazioni, seminari è quello di sensibilizzare tutta la società, di chiamare alla mobilitazione non solo le donne, ma anche gli uomini, perché sia possibile vincere la violenza di genere: quella fisica, ma anche quella psicologica, svalutativa e scoraggiante nei confronti delle donne. Sempre più chiese hanno aderito alla campagna “Posto occupato” con cui si ricorda il posto che avrebbe potuto ancora occupare, una donna che invece è stata uccisa. Ovviamente la giornata del 25 novembre non esaurisce il nostro compito, ma è utile per illuminare questa declinazione primaria della violenza umana e ribadire quello che deve essere un nostro impegno costante e continuo».

23 novembre 2015