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di Fulvio Ferrario

Visita di papa Francesco alle Chiese Valdesi e metodiste (foto Romeo/Riforma)

Non era facile. Una realtà assolutamente marginale e largamente sconosciuta all’opinione pubblica, come l’Unione delle Chiese metodiste e valdesi, accostata per un’oretta, sul palcoscenico dell’informazione globale, al personaggio più popolare del mondo. Si è invece realizzato quanto aveva annunciato il moderatore della Tavola valdese, Eugenio Bernardini: un incontro tra cristiani sobrio e fraterno. Ciò è bastato (ma in realtà non è affatto poco) per relativizzare l’ossessione mediatica e le sue conseguenze, dirette e indirette, ponendo al centro quel che conta.

Un incontro tra cristiani: cioè in un clima di preghiera, cantata dai due cori e da tutti presenti (peccato solo per uno strano malinteso nell’ultimo inno) e recitata (Padre nostro). Anche, e proprio, la preghiera può facilmente diventare, specie sotto i riflettori, formale e coreografica, ma in questo caso la semplicità ha aiutato. Visita di papa Francesco alle Chiese Valdesi e metodiste (foto Romeo/Riforma)La preghiera è stata lo spazio di espressione dell’assemblea.

Un incontro sobrio. È noto che Francesco ha un talento per la sobrietà. Paradossalmente, o forse no, la sua naturalezza è assai spesso salutata da sospiri di emozione e fuochi d’artificio di superlativi da parte dei suoi chiassosi cantori, ma ciò non le impedisce di risultare fresca e accattivante. Quanto ai protestanti, essi amano presentare la sobrietà come una specialità della casa e qualche volta, almeno un poco, è anche vero. Suggerirei di leggere in questa prospettiva di sobrietà anche l’aggettivo «storico », utilizzato ripetutamente, prima e durante l’incontro, per caratterizzarlo. Esso è certamente giustificato, visto che si tratta di una prima assoluta; se, poi, si sia assistito a una «svolta» ecumenica, o anche solo al segnale di una decisa accelerazione, può dirlo solo il futuro.

Un incontro fraterno. Visita di papa Francesco alle Chiese Valdesi e metodiste (foto Romeo/Riforma)Il Moderatore ha espresso tale fraternità in tre punti. Anzitutto il fatto che la visita papale supera un passato oscuro; quindi la sottolineatura di quanto unisce, compreso lo sdegno e l’impegno per quanto accade «da Lampedusa a Ventimiglia»; e poi la menzione di due nodi teologici, ma prima ancora spirituali: l’assenza di ospitalità eucaristica e la nota distinzione romana tra «chiese» (quelle cattolica e ortodossa) e «comunità ecclesiali» (quelle della Riforma). Il papa ha ripreso con estrema prudenza il primo elemento, menzionando un bel gesto simbolico avvenuto a Pinerolo come occasione di «pregustare, per certi aspetti» (espressione ripetuta, per sottolinearla) la futura comunione; il secondo non è stato toccato nell’intervento del pontefice, il quale, comunque, ha anche evitato l’espressione «comunità ecclesiali».

Rimangono anche differenze «antropologiche ed etiche»: la visione dell’essere umano, sottesa all’etica, mi sembra in effetti un tema impegnativo e urgente, non solo sul piano teologico in senso tecnico, Visita di papa Francesco alle Chiese Valdesi e metodiste (foto Romeo/Riforma)ma anche su quello spirituale. Incontro «fraterno » non significa dunque «reticente», bensì l’esatto contrario.

«Fratelli», un titolo altissimo. I cristiani si chiamano tradizionalmente, tra loro, «fratelli» e con questo titolo, altissimo, ma non consueto in chi si indirizza al papa, si sono rivolti a Francesco il pastore Paolo Ribet, il moderatore, la presidente metodista Alessandra Trotta e il presidente del Concistoro di Torino, Sergio Velluto. Non so come l’opinione pubblica abbia avvertito l’uso di questo appellativo (esistono vere e proprie scuole di pensiero sull’uso dei titoli in ambito ecumenico), ma nella circostanza esso è risuonato nella sua matrice biblica, il che lo ha reso anche naturale e affettuoso. Al clima fraterno e sororale ha giovato una certa coralità da parte evangelica: il pezzo forte è stato il discorso del moderatore, La richiesta di perdono. Visita di papa Francesco alle Chiese Valdesi e metodiste (foto Romeo/Riforma)com’è ovvio, ma mi pare che tutti coloro che hanno preso la parola abbiano recato un contributo non formale.

I primi commenti si concentrano sulla richiesta di perdono formulata dal pontefice, a nome della sua chiesa, per i comportamenti «non cristiani, persino non umani» del passato. Si tratta di un tema complesso, già molto discusso in seguito alle dichiarazioni analoghe di Giovanni Paolo II. È possibile chiedere perdono «al posto» dei colpevoli veri e propri e perdonare «al posto» delle vittime? Credo però che le parole papali possano essere intese in un senso più semplice: egli sa di parlare a nome di una chiesa che viene da una storia contraddittoria, carica di frutti della grazia di Dio, ma anche di peccato; il che, in forme diverse, vale per tutti. Visita di papa Francesco alle Chiese Valdesi e metodiste (foto Romeo/Riforma)La comunione dei santi è anche comunione di peccatori.

Non ci sono stati «sbandamenti». Qualcuno, tra gli evangelici, temeva pericolosi sbandamenti, omologazioni, o simili, dei quali (naturalmente, mi permetto di dire) non credo vi sia stata traccia. È vero invece che un evento del genere è stato possibile grazie all’impegno di generazioni di cattolici e protestanti che hanno creduto nel dialogo ecumenico e che, d’altra parte, si tratta ancora di un passo iniziale. Per il momento, potrebbe bastare questa constatazione, formulata nello stesso spirito dell’incontro: sobrio e fraterno.

Tratto da Riforma del 3 luglio 2015