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Sessione rioplatense del sinodo della Chiesa valdese 2015

Un grande paese di campagna e una grande città, la capitale Montevideo: così si potrebbe descrivere l’Uruguay – poco più grande di metà dell’Italia e con solo 3,4 milioni di abitanti (di cui il 40% vive nella capitale). Un paese senza montagne, con solo delle alture, che nell’800 diventa la meta di un’immigrazione massiccia da parte di spagnoli, francesi, tedeschi, italiani ... e valdesi. Era passato solo un decennio dall’emancipazione del 17 febbraio 1848 quando i primi coloni valdesi arrivano in una zona a 120 chilometri dalla capitale, lungo il grande estuario del Rio de la Plata. Fondano i loro villaggio, uno in particolare, Colonia Valdense, poi si spingono verso l’interno, alcuni passano anche dall’altra parte del grande fiume, in Argentina, sempre alla ricerca di ampie e buone terre da coltivare e su cui allevare il bestiame.

Oggi, giunti alla quinta-sesta generazione di quei coloni, continuano a vivere soprattutto in campagna come contadini e allevatori. Eugenio Bernardini davanti alla sede della Mesa Valdense a Colonia Valdense (Uruguay)Costituiti in 23 comunità locali secondo il modello delle Valli Valdesi – il tempio e l’opera sociale, e le scuole, che oggi però o sono chiuse o sono diventate pubbliche – sono colpiti anche lì dalla secolarizzazione: 13 mila i valdesi “di nascita” – i valdesi sociologici battezzati – rispetto ai 2500 praticanti.

Impegnati socialmente ed ecumenicamente, a livello nazionale e latinoamericano, con buone relazioni con le pubbliche istituzioni in Uruguay (l’Argentina è un altro discorso), hanno assunto anche loro la consapevolezza che non si può più rinviare la sfida dell’evangelizzazione, intesa non solo come testimonianza indiretta delle buone pratiche personali e comunitarie, ma soprattutto come comunicazione esplicita dell’Evangelo.

Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola Valdese, e Oscar Oudri, moderador della Mesa ValdenseChe cosa mi ha colpito di più nel mio breve viaggio in cui ho potuto anche partecipare alla loro sessione sinodale? La musica, il rinnovamento liturgico (danze comprese!) che esprimono davvero la gioia della fede per la grazia e l’amore di Dio in Gesù Cristo. E poi una frase di Charles H. Spurgeon (predicatore battista riformato britannico dell’800) che ho letto sulla testata del sito web della Chiesa: “Ogni cristiano o è un missionario o è un impostore”. Una frase che ne riecheggia un’altra che i valdesi italiani citano spesso, sempre di un britannico dell’800 e sempre dal nome Charles, ma dal cognome Beckwith: “O sarete missionari o non sarete nulla”. Nonostante la distanza tra le due sponde dell’Atlantico abbiamo mantenuto, evidentemente, il medesimo sentire!

Eugenio Bernardini

19 febbraio 2015