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“...Con i valdesi che trovo religiosi di prim'ordine, con i Pentecostali e naturalmente con i nostri fratelli ebrei". E’ questa la frase che papa Francesco ha pronunciato verso la conclusione di una lunga intervista a Eugenio Scalfari (Repubblica del 13 luglio 2014), largamente dedicata al tema della pedofilia nella Chiesa di Roma, quando il decano laico del giornalismo italiano ha cambiato argomento chiedendogli delle prospettive dell’ecumenismo citando ortodossi e anglicani. Il papa lo ha interrotto aggiungendo il riferimento anche ai valdesi, pentecostali e, in senso diverso, agli ebrei. Un’integrazione di papa Francesco che Scalfari ha correttamente riportato.

Come altri tra i suoi predecessori – non tutti, però, secondo quello che mi raccontano alcuni moderatori che mi hanno preceduto – papa Francesco conosce e stima i valdesi e questo ci fa piacere ma non ci deve stupire. Se non altro per il nome che Bergoglio si è voluto dare da papa e per le frequentazioni che aveva in Argentina dove, come noto, esiste il ramo sudamericano della Chiesa valdese, ben radicata e attiva sul piano sociale ed ecumenico.

Quello che stupisce è che papa Bergoglio abbia voluto citare i valdesi insieme agli ortodossi, agli anglicani, ai pentecostali e agli ebrei, ovvero a comunità di fede infinitamente più grandi della nostra piccola chiesa. Non è una citazione di poco conto: negli equilibri globali delle relazioni vaticane contano le famiglie denominazionali e non le singole chiese, e quindi nella geografia ecumenica della Chiesa cattolica da sempre i valdesi sono un “puntino" eccentrico della galassia riformata.

Papa Bergoglio, invece, si ricorda di questo "puntino" e lo cita insieme alle grandi comunità di fede. Non è  una rivoluzione ma un segnale di attenzione, di rispetto e di fraternità che non possiamo non raccogliere e per il quale ringraziamo. Ma forse, a partire da questa rapida menzione, possiamo spingerci anche più avanti. Con Francesco i tempi della Chiesa di Roma sembrano correre più rapidi e veloci. Le analisi invecchiano in fretta. Nuove domande arrivano sul tappeto. E ci interrogano non solo come cristiani appartenenti alla famiglia riformata ma anche come piccola chiesa che si fa interprete  di una tradizione teologica e spirituale molto specifica. E’ un’opportunità nuova che ci affida grandi responsabilità ecumeniche.

Eugenio Bernardini

14 luglio 2014